Mascitelli ha parlato del lavoro della commissione d’inchiesta aperta sulla morte di Stefano Cucchi, degli atti prodotti e trasmessi alla Procura della Repubblica, dell’omertà delle forze dell’ordine e dei medici e soprattutto di uno Stato che non avrebbe rispettato leggi.
Dopo l’intervento del senatore dell’IdV Ilaria ha condensato in pochi minuti la drammatica storia di Stefano Cucchi, un ragazzo sensibile e amante dello sport con problemi di droga in passato. La serenità della famiglia Cucchi è finita la notte del 15 ottobre quando Stefano Cucchi è stato arrestato per alcuni grammi di sostanze stupefacenti. La famiglia romana è ricaduta nel dramma della droga e i primi sentimenti sono stati quasi di rabbia verso Stefano che viene affidato allo Stato. Uno Stato che non l’avrebbe tutelato, anzi Stefano sarebbe stato vittima di una serie di negligenze e comportamenti scorretti da parte delle forze dell’ordine e medici. Già i primi errori nel verbale d’arresto, dove si parla di un ragazzo nato in Albania, tre anni più vecchio e senza fissa dimora. Il giorno dopo all’udienza ha già il volto tumefatto, ma nessuno se ne è accorto. In aula è difeso dall’avvocato di ufficio e non dal suo legale di fiducia come richiesto. Ma è solo l’inizio del dramma, secondo la ricostruzione di Ilaria, poco dopo l’udienza Stefano è stato violentemente pestato da 3 agenti sotto il Palazzo di Giustizia perché avrebbe richiesto con insistenza dei farmaci. Una filiera di responsabilità, che in sei giorni avrebbero portato alla morte Stefano Cucchi, viene ricostruita dalla sorella della vittima. Dopo il pestaggio Stefano è stato visitato e trasportato al Sandro Pertini, una struttura protetta, e non in un ospedale vero e proprio come suggerito dal medico Rolando De Angelis. L’unica persona che in questi sei giorni si sarebbe accorta delle gravi condizioni di Stefano Cucchi (ndr, dopo che il caso è scoppiato pare sia stato allontanato dal lavoro). La sorella parla dei troppi silenzi di quei giorni, di quella strana richiesta del fratello forse per rabbia o forse per incoscienza di non avvisare delle sue condizioni i familiari. Stefano protestava e non mangiava perché voleva il suo avvocato e invece è morto sofferente in un letto d’ospedale senza cure adeguate e solo. Una morte annunciata di mattina dal carabinieri che chiede l’autorizzazione alla madre di Stefano per l’autopsia. Un annuncio macabro, insensibile e assurdo. “Una morte naturale che ha bisogno di un’autopsia”, ripete Ilaria. La sua famiglia capirà solo dopo, quando potrà rivedere Stefano sul tavolo dell’obitorio. Il corpo esile all’interno di una teca trasparente con chiari segni di percosse: traumi al viso e due vertebre rotte. Traumi troppo forti per una semplice caduta. Ilaria ha parlato del senso di colpa di una famiglia che si è fidata dello Stato e che ora si batte per la verità. Verità sulla morte del fratello che ancora oggi si cercherebbe di negare con atteggiamenti omertosi e corporativi. Ilaria non risparmia nessuno e dopo aver ricordato Stefano Lapenna e altri ragazzi morti in carcere ha concluso: “Stefano non ce lo ridarà mai nessuno, ma voglio la verità e voglio cambiare le cose anche attraverso questo libro. Abbiamo anche creato un’associazione insieme ad altre persone per aiutare chi si troverà, speriamo di no, nella nostra situazione”. I genitori di fronte a lei in prima fila annuiscono in silenzio come tutte le persone presenti in sala che non riescono a capire come nel terzo millennio in un paese civile si possa lasciare morire lentamente un giovane, pur se colpevole di un reato. Ma questa è la storia di Stefano Cucchi.