Condannata per aver messo in piedi la truffa mentre era in gravidanza: come è riuscita a fare tutto questo. Il piano d’azione è da non credere.
La truffa con il pancione messa in piedi da una donna per ben cinque gravidanze in realtà mai esistite. Aveva studiato tutto nei minimi dettagli, riuscendo a portare a casa oltre 100mila euro.
Questo è quanto avrebbe inscenato una donna dal 2014 al 2019. E proprio per questo è stata condannata in primo grado ad un anno e otto mesi di carcere: l’accusa è di truffa aggravata e falso.
Come ha truffato l’Inps
Avrebbe dato alla luce cinque figli, tre bambine e due maschietti, ma la realtà è che si trattava di gravidanze false. Nessun figlio venuto alla luce, tutte avvenute fra 45 e 50 anni, con tanto di richiesta di maternità in anticipo, inviata al datore di lavoro, per “gravidanza a rischio“.
Con questo piano sarebbe riuscita ad intascare dall’Inps qualcosa come oltre 100mila euro. Le indagini hanno appurato che non ci sarebbe stata alcuna nascita, un piano distrutto di fatto dalla scoperta degli investigatori.
Una truffa messa in atto dalla donna ai danni dell’Inps e anche del suo datore di lavoro fra il 2014 e il 2019. Secondo quanto riportato da Repubblica, infatti, la donna sarebbe andata in maternità per cinque volte a causa di presunte gravidanze a rischio. Ne avrebbe dichiarate ben cinque, ma senza alcuna nascita.
La legge prevede in questi casi la copertura da parte dell’Inps per la dipendente che fa richiesta di maternità al datore di lavoro. Ad agosto 2019, infatti, la donna che lavorava in un fast food aveva chiesto la maternità tre mesi prima del parto. Si era fatta vedere molto affaticata durante il sesto mese di gravidanza, ma quella pancia era finta.
La scoperta è arrivata grazie ai carabinieri in borghese che l’hanno monitorata. È bastata una soffiata per avviare le indagini e svelare l’arcano. Ma la donna aveva pensato a tutto, ribadendo di subire l’interruzione di diverse gravidanze.
Avrebbe presentato certificato medico e anche quello della ginecologa che attestava la gravidanza a rischio, tutto era però falso. E pensare che avrebbe falsificato certificati di malattia, copiando le firme dei medici e rubando al contempo anche i timbri del Policlinico Umberto I di Roma.
Un piano d’azione che le avrebbe permesso di creare dei documenti da portare all’Asl per poi girarli all’Inps e al datore di lavoro. Fatto sta che durante gli anni “a rischio”, infatti, la donna avrebbe ricevuto una somma pari a 111mila euro che, però, non le spettava affatto.