Né uomo, né donna: la persona 50enne chiede al tribunale di intervenire per non intralciare la sua ricerca della felicità
La persona in questione non si identifica come donna (il suo sesso al momento della nascita), ma al tempo stesso non si identifica nemmeno uomo (la seconda e, fino a prova contraria, unica alternativa possibile). Un bel dilemma per chi, all’anagrafe, ha l’arduo compito di inserire una definizione di genere per il soggetto in questione.
Già, perché scegliere uno o l’altra comporta in ogni caso dei problemi. E, soprattutto, non consente quello che la Costituzione definisce come il diritto di “ricerca della felicità”. Sulla base di questo concetto e con un gesto che sfida le tradizioni, a Kyoto una persona non binaria ha presentato una petizione al tribunale della famiglia per ottenere il riconoscimento di un’identità di genere neutra all’interno del registro familiare.
Si tratta di una richiesta senza precedenti, che potrebbe segnare un punto di svolta nella società giapponese, ancora legata a norme di un tempo che riflettono una visione binaria del genere, senza tutte le varie declinazioni nate negli ultimi anni.
La persona, che si trova sulla cinquantina e non si identifica né come uomo né come donna, è registrata nel sistema familiare della prefettura di Kyoto come “figlia primogenita”. Ora chiede che questa designazione venga modificata in una formula neutra, come “secondo figlio”. Secondo l’avvocato Shun Nakaoka, che rappresenta la persona, l’attuale dicitura non rispetta infatti l’identità di genere del ricorrente e comporta sofferenze e svantaggi significativi nella vita quotidiana: “L’attuale sistema viola il diritto alla ricerca della felicità, sancito dalla Costituzione giapponese“.
In Giappone, la legge sulla registrazione della famiglia non richiede esplicitamente di indicare il sesso di una persona.
Tuttavia questa informazione viene riportata attraverso termini come “figlio primogenito” o “figlia secondogenita”: definizioni che inevitabilmente si basano sul sesso dichiarato alla nascita. Un sistema formalmente neutrale, ma che nonostante questo si scontra con le esigenze di chi non si riconosce nel tradizionale binarismo di genere.
A oggi almeno 20 paesi nel mondo, tra cui Australia, Germania e Stati Uniti, hanno introdotto una terza opzione di genere in documenti ufficiali, riconoscendo così la varietà delle identità di genere.
Nakaoka ha sottolineato l’importanza di adeguare anche in Giappone i documenti legati al registro familiare: “Questi certificati devono corrispondere alla propria identità, altrimenti si finisce per negare una parte essenziale della persona“.