Non soltanto per l’attuale momento di stallo, ma anche perle implicazioni future. In una lettera aperta, Carla Ripani (Ripani Italiana Pelletteria) condensa tutte le sensazioni del momento, ma non nasconde il suo malessere per la disparità che si è creata tra le piccole aziende artigiane e i grandi gruppi, capaci di aggirare i decreti.
LA LETTERA
questa lettera Vi giunge in un momento per me di forte scoramento, poiché nella mia qualità di amministratore di una piccola – ma non troppo – società abruzzese, devo fronteggiare gli inevitabili tracolli che la pandemia ci sta lasciando in eredità. Eredito, da questa, la consapevolezza amara che da soli non possiamo fare molto e che abbiamo tra le mani una società che può garantire, a maggior ragione ora che – come cittadini – ne comprendiamo l’importanza, altissimi standard qualitativi in termini di manodopera e sicurezza sul lavoro.
Siamo entranti nel XXI secolo, e RIPANI con noi, con la speranza che la modernità portasse con sé nuove possibilità per le piccole imprese nello scenario globale. E invece, scopro oggi, o meglio, ancora oggi, come l’astuzia e la potenza economica dei grandi gruppi possano aggirare il rigore dei decreti e modificare addirittura la volontà del virus. Mi spiego. RIPANI sviluppa, produce e commercializza il proprio prodotto da sempre e attraverso un’unica società, quella della mia famiglia. Ho provato in tutti i modi a farmi sentire e a spiegare quanto fosse necessario per noi, come per tutti quelli come noi, poter riavviare quantomeno l’attività di ricerca e sviluppo per la futura collezione. Ma noi siamo soli e non abbiamo grandi consulenti a spalleggiarci. Dico l’ovvio che poi, tanto ovvio pare non sia, quando affermo che non abbiamo certamente la forza economica per poter costituire società specifiche per singoli codici ATECO così da garantirci la possibilità di aprire in deroga alle prescrizioni dei vari decreti, anche solo per le attività di ricerca e sviluppo.
Né tantomeno possiamo fare una telefonata a illustri virologi, nomi ormai noti ai più, per chiedere loro di essere nostri sponsor per la riapertura in deroga, seppure basterebbe fare una passeggiata nel nostro opificio per constatarne l’assoluta adeguatezza in termini di spazi e misure anti-contagio. Che devo fare per fare ciò che fanno i grandi della pelletteria? Facciamo la stessa cosa, certamente con numeri diversi e anche noi sappiamo rispettare i protocolli; eppure… Il Made in Italy ha una filiera, lo sappiamo tutti, e noi ne facciamo parte, come e quanto loro, forse anche di più se badiamo al rapporto tra numero dipendenti e piccoli, ma dignitosi, fatturati. Vogliamo riaprire con slancio e sicurezza, nel frattempo però mentre attendiamo una risposta, Golia indossa il vestito buono e lascia Davide a combattere gli effetti della pandemia in una fabbrica ancora chiusa.
Carla Ripani – Ripani Italiana Pelletterie Srl