Teramo, la dottoressa è in maternità e il servizio di neuropsichiatria infantile va in tilt

Teramo. Il servizio di Neuropsichiatria infantile della ASL di Teramo, o più correttamente, come si legge sul sito dell’azienda sanitaria locale, l´Unità Operativa di Neuropsichiatria dell´infanzia e dell´adolescenza (UONPIA) fa parte del dipartimento di salute mentale e svolge attività di tipo ambulatoriale, finalizzata alla tutela e alla promozione della salute dei soggetti in età evolutiva (0 – 18).

Consente la presa in carico di bambini e adolescenti con problemi neuropsichiatrici, fornendo un riferimento di specializzazione delle famiglie per gli aspetti diagnostici riabilitativi.

Altissimi gli accessi al servizio, anche a causa della sempre più aumentate diagnosi di disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) o di più gravi disturbi nella sfera neuropsichiatrica, di bambini in età prescolare e scolare, con grandi difficoltà per gli utenti per l’accesso ai servizi, con liste di attesa molto lunghe, vista anche l’esiguità del personale assegnato all’equipe che, sempre secondo il sito della ASL, può contare su tre neuropsichiatri, due logopedisti, una psicologa, un assistente sociale e un’infermiera.

E proprio la momentanea assenza di uno dei neuropsichiatri, attualmente in permesso per maternità, avrebbe fatto andare in tilt il già precario sistema di supporto ai piccoli pazienti (ricordiamo che si tratta di bambini, per i quali la precocità della diagnosi e la continuità delle cure e dell’assistenza è fondamentale per garantire un futuro “normale” o attenuare problematiche anche gravi), facendo annullare decine di appuntamenti, rimandati a tempo indeterminato, bloccando anche percorsi terapeutici già avviati o in procinto di essere attuati.

Se a questo si aggiunge la difficoltà di accesso ai centri di riabilitazione, che vedono liste di attesa lunghissime e periodici problemi di rinnovo delle convenzioni, si può comprendere come l’esigenza di cure di tante famiglie sia stata gravemente sottovalutata, costringendo molti a rivolgersi a professionisti e strutture private, con aggravi di costi, spesso non sostenibili.

Tra l’altro anche le strutture di supporto alle scuole risultano carenti di personale e, come denunciano alcuni insegnanti, i Piani Educativi Individualizzati (PEI), documenti nei quali vengono descritti gli interventi predisposti per gli alunni in situazione di handicap, ai fini della realizzazione del diritto all’eduzione e all’istruzione, che, in base alla legge, dovrebbero essere redatti “congiuntamente dagli operatori dell’U.L.S.S., compresi gli operatori addetti all’assistenza, dagli insegnanti curriculari e di sostegno e, qualora presente, dall’operatore psicopedagogico, con la collaborazione della famiglia”, spesso sono lasciati alla sola competenza dei docenti, senza alcun supporto esterno.

Parliamo di bambini con problemi che, con un adeguato supporto psico-pedagogico e neuropsichiatrico, potrebbero condurre una vita “normale” e sperare in un futuro con le stesse opportunità dei loro coetanei, e di famiglie alle prese con burocrazia e carenza di servizi, con una negazione del diritto alla salute che non è degna di un paese civile.

Può bastare l’assenza (ampiamente giustificata) di uno degli operatori per bloccare un centro che dovrebbe essere di prioritaria importanza per una ASL? Genitori e bambini aspettano risposte, immediate, perchè per i piccoli anche un mese di ritardo può significare una possibilità in meno di recupero e di crescita.

 

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