Il segretario provinciale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, Giuseppe Pallini, ha denunciato continui flussi di oggetti vietati, consegnati ai detenuti del carcere di Teramo.
Tutti meritano un regalo e, per fortuna, viviamo in uno Stato il cui fine detentivo è quello della riabilitazione nella società civile. A volte però, capite che qualcuno cerchi di abusare delle concessioni fatte, creando situazioni spregevoli che richiedono interventi più drastici. È il caso di quanto accaduto presso il penitenziario di Teramo, in cui è stato intercettato un traffico di oggetti vietati, consegnati da familiari in visita.
Non è la prima volta che ci si trova davanti a situazioni del genere e, gli agenti di polizia penitenziaria, sono ormai a conoscenza dei vari espedienti utilizzati, riuscendo a contrastarli nella stragrande maggioranza dei casi. Ciò però, non è risolutivo di un problema sempre più dilagante. Il caso del carcere di Teramo è solo uno degli ultimi riportati a riguardo.
Cellulari in carcere, l’intervento degli agenti
È scoppiato il caso presso il carcere di Teramo, quando qualche giorno fa una signora, moglie di un detenuto, ha tentato di introdurre in carcere degli oggetti vietati durante una visita al marito, in modo alquanto furbo, se non fosse che gli agenti di polizia penitenziaria, più furbi ed esperienti di lei, hanno saputo riconoscere la metodologia utilizzata, stroncando sul nascere lo scambio.
Da Giuseppe Pallini, segretario provinciale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria però, arriva l’allarme, riferendosi non solo al singolo caso ma a un vero e proprio flusso continuo di cellulare in carcere. Pallini ha dunque raccontato le dinamiche dell’ultimo episodio presso il carcere di Teramo:”Oggi la moglie di un detenuto campano ha tentato di far entrare all’interno del carcere due telefoni cellulari, uno micro e l’altro smartphone”.
Pallini ha chiarito che la donna, ha tentato l’introduzione degli apparecchi elettronici:”abilmente occultati in un paio di scarpe che, una volta ammessa a colloquio, le avrebbe scambiate con quelle del marito. Gli agenti di Polizia Penitenziaria, che oramai conoscono gli espedienti usati, hanno controllato le scarpe dapprima con il metal-detector e poi con lo scanner, rinvenendo nel fondo delle scarpe da tennis i due telefoni”.
Ha fatto eco, tessendo le lodi degli agenti, anche Donato Capece, segretario generale del SAPPE, che ha dichiarato:”Non si contano più i rinvenimenti e i sequestri di questi piccoli apparecchi. Le vie d’ingresso diventano molteplici, come le scarpe nel caso in ispecie ma non ultima anche quella aerea a mezzo droni che sempre più spesso vengono avvistati e intercettati”, tutto ciò, nonostante la recente previsione di reato nel Codice Penale, con pene che vanno da 1 a 4 anni di detenzione per ingresso e detenzione illecita di telefonini nelle carceri.