Quando si accusa ingiustamente qualcuno si paga profumatamente: 90mila euro per la precisione

Provocò l’incidente, non contento ha accusato l’altro conducente facendo perdere tempo alla già ingolfata giustizia italiana. La giudice non ha avuto dubbi: l’ingiusta accusa costa caro al teramano.

Accusare qualcuno ingiustamente è di per sé cosa odiosa e un reato a tutti gli effetti se le accuse riguardano casi penali, e la cosa si fa sentire ancora di più nella già ingolfata giustizia italiana le cui lungaggini sono ormai quasi proverbiali. La colpa in questo caso, però, non è della burocrazia, bensì di un cittadino teramano e delle sue bugie.

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La vicenda riguarda un incidente stradale che ha visto coinvolti costui e un altro conducente. Quest’ultimo è stato bersaglio delle false accuse del primo che si è poi rivelato il vero unico colpevole del fatto. Dopo l’incidente, ha chiesto 500mila euro di risarcimento addossando tutte le colpe all’altra persona.

Le false accuse costano caro: 90mila euro

All’epoca dei fatti, era poco più che ventenne e rimase coinvolto in un incidente con la sua vettura. Stando alla sua testimonianza, fu l’altro conducente a contravvenire alle regole stradali sbattendogli contro, provocandogli inoltre delle lesioni che gli avrebbero impedito di continuare la sua carriera da calciatore.

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Il procedimento penale è andato avanti finché non si è scoperto che, in realtà, il vero responsabile dell’incidente fu proprio l’accusatore. Guidava, infatti, in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di droghe invadendo la corsia opposta e scontrandosi con la vettura dell’altro conducente che non ebbe il tempo di evitarlo.

La giudice onoraria di tribunale Carla Fazzini ha così sentenziato che l’uomo dovrà risarcire la persona accusata ingiustamente con una cifra di 90mila euro “per un ingiustificato spreco di una risorsa sempre più limitata quale il giudizio civile. Il ricorrente ha agito in giudizio in maniera temeraria come attestato dalla lampante infondatezza delle domande proposte“.

Nella sentenza si legge: “Risulta provato che il ricorrente violava specifiche regole del codice della strada e al momento del verificarsi dell’incidente si trovava in uno stato di forte alterazione psicofisica dovuta all’assunzione di sostanze alcoliche e di sostanze stupefacenti, circostanze tutte accertate in sede penale“.

Continua poi con le seguenti motivazioni: “Il ricorrente è responsabile della propria condotta di guida, il convenuto che ha agito come ha potuto ha tentato dapprima di avvertire con il clacson l’autovettura antagonista per poi buttarsi sulla sinistra, evitando così conseguenze ulteriormente più gravose di quelle che si sono realizzate. La gravità dei fatti e le modalità della condotta del ricorrente, che si ripete era sotto l’effetto di alcol e droghe, a parere di questo giudice integra gli estremi della temerarietà della lite“.

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