Era il 2 giugno del 2015, a Nereto, quando nella villetta di via Lenin, furono trovati trucidati in casa l’avvocato Libero Masi e la moglie, Emanuela Chelli. Un delitto ancora oggi, a distanza di tre lustri, avvolto nel mistero. Cosa è cambiato da quel giorno? Poco o nulla. Varie le piste investigative, ma tutte più o meno naufragate. E l’indagine riaperta due volte è stata definitivamente archiviata nel maggio del 2010.
E il corposi fascicoli investigativi raccontano la morte di una coppia stimata da tutti. Ma che cancellano anche una delle piste seguite per lungo tempo da parte degli inquirenti: ossia di una rapina finita male. Per anni, infatti, si è sempre pensato che l’eccidio dei coniugi Masi fosse da ricondurre ad una rapina finita male.
Come i 30mila euro, parte dei quali incassati dall’avvocato la sera precedente al delitto, come bottino dell’irruzione in casa. Ma quei soldi, come emerge dalle carte dell’inchiesta, furono ritrovati qualche anno più tardi nella libreria di Libero Masi. E nell’archiviazione sono caduti anche i sospetti su cinque persone, in momenti diversi, accostati a possibili collegamenti con il delitto di Nereto. E nel giorno del quindicesimo anniversario del duplice omicidio, gli interrogativi sono quelli di ieri: dal movente, agli autori.