Teramo. Il 2 giugno nella sua abitazione si è spento all’età di 60 anni per una malattia inguaribile, Enrico De Luca, Guida Alpina Abruzzese che ha lasciato un segno molto significativo nella storia alpinistica internazionale e in particolare del Gran Sasso d’Italia.
All’età di 16 anni scorrazzava già sui blocchi di calcare arrampicandosi nella nota palestra degli “Aquilotti di Pietracamela”, a cui si unì da ragazzo e che oggi è alla sua terza generazione di giovani. La passione per la natura e per l’arrampicata lo hanno spinto ad intraprendere delle ascese alpinistiche di notevole entità su tutta la catena montuosa del Gran Sasso, in particolare sul massiccio del Corno Piccolo. Nuove vie estive ed invernali, alcune ad oggi mai ripetute, e che allora furono affrontate da Enrico con materiali costruiti artigianalmente. Enrico e i suoi compagni divennero dei punti di riferimento per molti giovani, che, sulle orme di un grande maestro, sono diventati alpinisti di fama internazionale.
Negli anni ha acquisito il titolo di “Guida Alpina” e a lui sono attribuite innumerevoli imprese alpinistiche, spedizioni extraeuropee e internazionali che lo hanno portato fino alla conquista degli 8000 metri. L’Aconcagua, Il Kenya, L’Hidden Peak, Il Friz Roy, e la prima discesa assoluta con gli sci del Monte Elbrus. Istruttore Nazionale delle Guide Alpine, è entrato a far parte del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico dell’Abruzzo, ricoprendo per molti anni la carica di “Capo Stazione” di Teramo e Istruttore Regionale del CNSAS. In qualità di capo stazione ha condotto a termine interventi complessi, in estate e in inverno, sulla Nord del Monte Camicia e sul Paretone di Corno Grande. Oggi le vie da lui “aperte” lungo l’intera catena montuosa del Gran Sasso e in particolare sul massiccio del Corno Piccolo, sono ambite da molti giovani arrampicatori che per la prima volta si avvicinano alle maestose pareti del Gran Sasso. L’intera comunità di Pietracamela, Prati di Tivo e Intermesoli si rammarica per la sua scomparsa, ma in ognuno resta il ricordo vivo di Enrico, maestro di vita e compagno d’avventure.
I cugini Rita e Giancarlo lo ricordano così: “Se la montagna ha un’anima, ha sicuramente la sua, quella di Enrico, anzi Enriquez, come lo chiamavano gli amici, si portava cucita addosso ogni sua caratteristica. Il silenzio degli spazi immensi, la libertà estrema, la natura selvatica e a volte dura, il cielo infinito che sovrasta ogni cosa, la dolcezza della neve, il vento, il ghiaccio, e le cose rare che questa signora della terra custodisce. Tutto questo era dentro la sua anima. Di poche parole, pochissime, tanto da apparire schivo ad occhi poco attenti, eppure sensibile e premuroso verso ogni forma di vita. Pieno di amici, partecipe a serate in cui la voglia di vivere si leggeva negli occhi e la gioia si trasmetteva con sane e allegre trasgressioni. Potrei elencare le sue imprese di uomo di montagna, perché di imprese si trattava, anzi di sfida con la natura, dove lui metteva alla prova la sua inesauribile energia interiore e la sua possente forza fisica. Dal Gran Sasso, all’Himalaya, al Karakorum, ai monti della Nuova Guinea, a quelli dell’Argentina, al Monte Bianco, per tornare poi qui tra suoi monti, che conosceva come le sue tasche. Aveva aperto vie, e soccorso tanta gente, andando sempre più in alto, dove lo portavano i suoi temerari obbiettivi: La discesa sugli sci da Corno Piccolo, uno sci estremo, come estrema è stata tanta parte della sua vita e del suo lavoro. Ma vissuta come fosse la più normale delle vite, senza troppi clamori.Questo volevamo dire oggi di nostro cugino Enrico, generoso uomo di montagna, dotato di tanta forza, coraggio e purezza, perché Enrico aveva un animo puro, proprio come una montagna incontaminata”.