Riceviamo e pubblichiamo la segnalazione di una donna rosetana sulla rapina andata in scena ieri pomeriggio a Roseto.
“Martedì, 19.30, Roseto degli Abruzzi, via Giovanni Di Giorgio, all’incrocio con piazza Dante. Michela (nome di fantasia) sta tornando a casa, ha tra le mani poche cose prese all’ortofrutta, forse è stanca, forse già pensa al momento in cui, rientrata a casa, infilerà i piedi indolenziti nelle pantofole. Ha una famiglia che l’aspetta.
E invece no, per quella sera le cose non andranno come Michela ha pensato perché due ragazzi sotto i vent’anni, da un motorino, si accostano, tentano di prenderle la borsa; lei urla, ha paura, si sente portar via quanto? Non lo sa, in quel momento non pensa a quanto abbia nel portafogli, pensa solo alla paura e pensa che se urla qualcuno interverrà perché i negozi sono aperti, c’è ancora gente in giro, persone che come lei, magari in quel momento, stanno per tornare a casa. E invece non si avvicina nessuno: tutto avviene nella più totale indifferenza. Michela continua a urlare e, uno dei due ragazzi, forse spaventato da qualcosa, decide di andar via, richiama l’altro e scappano, facendo cadere a terra la donna che, nella caduta, si spacca naso e denti.
Oggi è mercoledì e quanto capitato a Michela è già stato archiviato dalle piccole storie quotidiane con cui ciascuno cerca di portare a termine la sua giornata, senza capire che è proprio lì, dove ognuno non fa che curarsi del proprio piccolo orto, che si annida e viene fuori la violenza: nell’indifferenza. Poiché nessuno vuole mai pensare che lì, al posto di quella mamma, poteva esserci chiunque, perché non è cosa normale – e bisogna urlarlo dando il giusto nome a ciò che accade – che due ragazzi, in un’ora di passeggio, possano liberamente aggredire una donna in una zona centrale di quella che, almeno fino a ieri, poteva ritenersi una città tranquilla. E non è cosa normale, ma anzi è cosa disgustosa, che nessuno abbia l’impeto di intervenire: perché è di impeto che si tratta, di un istinto che dovrebbe essere naturale e che abbiamo perso. Ci hanno insegnato a non vedere, o forse abbiamo visto talmente tante scene simili alla televisione, da ritenere che faccia tutto parte di un circo organizzato, ci hanno imbambolato, ci hanno reso vili. Ci hanno insegnato ad essere omertosi. Ci hanno insegnato a considerarlo normale.
E allora diciamolo una volta e per tutte: non lo è. Chi erano quei due ragazzi sul motorino? Figli di chi? Dov’erano i loro genitori, non ieri sera, ma prima, quando avrebbero dovuto crescerli, educarli? E chi sono quelli che hanno assistito alla scena voltandosi dall’altra parte? Forse sono altri genitori “spazzaneve”, sempre pronti a giustificare come bravata quello che i loro figli fanno al limite dell’illecito.
Chi si è voltato ieri sera, non è diverso da chi ha tentato di rapinare Michela, da coloro che, quei due ragazzi, su quel motorino, ce li hanno messi, da chi non si è chiesto cosa stessero facendo a quell’ora.
Solo un uomo, quando tutto è finito, si è avvicinato ed ha aiutato Michela, sanguinante, a rialzarsi. Ora lei è in ospedale ma già sa, e lo sa anche sua figlia, che quello che è accaduto ieri resterà comunque una ferita aperta: Michela, da ieri, avrà sempre paura a girare sola, anche alle 19.30 di sera, anche con i negozi aperti, anche con le strade affollate. Michela è stata tradita e la sua fiducia persa è uno schiaffo per tutti noi, perché quando una donna non è più in grado di far uso della sua vita liberamente, abbiamo davvero fallito tutti”.
Asteria Casadio