Sono tramontate del tutto o quasi le speranze di recuperare l’Eliana, l’imbarcazione di circa 14 metri affondata il 25 luglio scorso al largo del porto di Giulianova e in cui persero la vita l’armatore Elia Artone e il marinaio Carlo Mazzi.
Due le situazioni che di fatto stanno scoraggiando chi si era dato da fare in questi mesi per fare in modo che il peschereccio venisse riportato in superficie, unica soluzione per avere delle risposte su quel terribile naufragio. La prima è che non sono stati trovati i 45mila euro per finanziare l’intervento con un pontone che avrebbe dovuto raggiungere il punto in cui giace l’Eliana, a 2miglia e 8 al largo, 30 gradi a nord rispetto all’imboccatura del porto di Giulianova, in mezzo all’impianto di mitilicoltura. Il presidente della Federpesca Abruzzo Vincenzo Staffilano si era fatto promotore di un’iniziativa per raccogliere fondi utili per coprire i costi del recupero del natante.
L’altra condizione che sembra aver spazzato via le speranze è legata al fatto che l’Eliana, anche a seguito delle ultime mareggiate, sta lentamente sprofondando sotto lo strato di fango e sabbia. L’ispezione fatta ad agosto dal gruppo sommozzatori dei vigili del fuoco aveva già notato che una parte dello scafo era finita sotto un metro di melma. Una situazione che rese impossibile il recupero con i palloni gonfiabili che erano stati sistemati attorno all’imbarcazione per riportarla quanto meno a pelo d’acqua.
La procura di Teramo e la Capitaneria di Porto di Giulianova hanno aperto un’inchiesta sul naufragio. E il recupero dell’Eliana avrebbe potuto dare molte risposte sul perché quel pomeriggio il peschereccio venne inghiottito dal mare. Di certo ci sono alcune concause: le reti che si erano impigliate, un’improvvisa tromba d’aria, onde alte da tre a sei metri. L’ispezione dei sommozzatori ha confermato che al momento dell’affondamento l’Eliana aveva ancora le cime delle reti, che dovevano essere recuperate, legate al verricello dell’imbarcazione.
