Nello stesso atto, inviato con urgenza al Presidente del Consiglio Monti, al Ministro della Giustizia Severino e alle altre istituzioni e autorità competenti a livello regionale e nazionale, il Consiglio stigmatizza la differente previsione degli effetti temporali della legge (che differisce di tre anni il termine per L’Aquila e Chieti penalizzando solo i territori di Teramo e Pescara) e, infine, si riserva di valutare “ogni opportuna iniziativa di energica protesta” qualora la previsione contenuta nello schema di decreto venisse mantenuta.
“Il decreto” spiega il presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Teramo, Guerino Ambrosini “non tiene nella dovuta considerazione i criteri contenuti nella legge delega, operando un taglio indiscriminato ed orizzontale di quasi tutti i tribunali non capoluogo di provincia e di tutte le sezioni distaccate di tribunale, nonché dei giudici di pace, senza distinguere le particolari realtà territoriali e, soprattutto, senza valutare minimamente le realtà virtuose quali quelle delle sezioni distaccate di Atri e Giulianova. Modificare un assetto in linea con criteri di efficienza e funzionalità significherebbe offrire un sicuro disservizio ai cittadini a fronte di un risparmio di spesa minimo e comunque tutto da valutare in relazione ai disagi che si creerebbero. L’accentramento delle sedi in cui si amministra la giustizia, infatti, crea un pericoloso distacco tra l’istituzione e il cittadino e va esattamente nella direzione opposta a quella voluta dalla legge delega che, è appena il caso di ricordarlo, si pone due obiettivi da perseguire insieme, ovvero il risparmio della spesa e il miglior funzionamento degli uffici. Obiettivi che, se il decreto non sarà modificato, verranno entrambi falliti”.
Infine, c’è da ricordare l’ulteriore circostanza della durata media del contenzioso civile ordinario nel tribunale di Teramo, che è di appena 906 giorni, mentre quella del contenzioso civile complessivo scende a 718 giorni.
“La durata media del processo civile ordinario a Teramo” fa notare Ambrosini “è al di sotto dei due anni e mezzo, dunque di gran lunga inferiore al periodo di tre anni considerato dalla Corte di Giustizia Europea come giusta durata del processo. Sarebbe davvero incomprensibile sconvolgere un sistema che attualmente funziona egregiamente e che, in caso di modifica, produrrebbe ingiusti scompensi ai danni della popolazione”.