Delitto Masi, cinque anni dopo: Rapagnà chiede riapertura indagini

libero_masiNereto. Cinque anni fa, l’avvocato Libero Masi e la moglie Emanuela Chelli furono barbaramente assassinati nella loro villetta al centro di Nereto. Dopo un lustro, e varie piste investigative che non hanno partorito effetti, le indagini sono state definitivamente archiviate senza fare luce su uno dei più inquietanti fatti di sangue che si ricordino, almeno nella nostra zona.

 

Nel giorno della ricorrenza, Pio Rapagnà torna a sollecitare le istituzioni. “Agli organi investigativi ed inquirenti che hanno operato a Nereto sul luogo del delitto ed alle altre autorità repubblicane della Provincia di Teramo, competenti per la sicurezza e l’ordine pubblico, chiedo una risposta pubblica ai molti interrogativi inevasi in questi cinque anni trascorsi, e di impegnarsi con tutti noi affinché le indagini siano riaperte e ripartano da capo”. A lanciare l’appello a cinque anni esatti dall’omicidio di Libero Masi e della moglie Emanuela Chelli, trucidati nella loro villetta di Nereto da mani ignote, è l’ex parlamentare Pio Rapagnà. “Intendo moralmente denunciare che in questi 5 anni in provincia di Teramo si è materializzato nella sua sostanza ciò che mi appare un vera e propria ‘manifestazione del sonno e della impotenza’ della maggior parte delle istituzioni repubblicane presenti e operanti sul nostro territorio. Con l’archiviazione senza appello e senza la individuazione di esecutori e mandanti di un duplice ‘delitto perfetto’, e’ ormai un dato di fatto incontrovertibile che, quantomeno per la rilevanza, gravità ed eccezionalità dei fatti accaduti a Nereto, forse non siano state assunte, da parte di chiunque ne avesse avuto specifico dovere istituzionale e civico, tutte quelle iniziative tese rispettivamente a prevenire l’efferato delitto, proteggere le vittime e pervenire alla cattura degli assassini, che invece risultano essere scomparsi nel nulla. Mi chiedo ancora perché gli investigatori, il Comando Provinciale dell’Arma dei carabinieri e gli inquirenti della Procura della Repubblica di Teramo, piuttosto che accogliere l’aiuto investigativo degli organi di informazione nazionali e locali (come si verifica ‘normalmente’ anche in questi giorni in tutte le parti d’Italia per casi analoghi), pensarono invece di procedere di ufficio anche alla ‘secretazione totale’ degli atti ed alla richiesta del ‘silenzio stampa’. Poi, dopo ipotesi e piste che si sono rivelate fin dall’inizio sbagliate, i due soggetti più importanti per l’inchiesta e presenti sulla scena del delitto immediatamente dopo la scoperta dei corpi straziati, il Comandante Provinciale dei Carabinieri Igino Izzo ed il Procuratore della Repubblica Cristoforo Barrasso, lasciarono il loro incarico ad altri, nel mentre si è continuato a brancolare nel buio, sino all’ archiviazione recentemente richiesta ed accolta”.

 

 

 

Gestione cookie