Il giudice del tribunale di Pescara, Antonella Di Carlo, nel processo con rito abbreviato ha assolto Antonio Di Matteo, amministratore delegato della Caripe fino al 6 ottobre 2011, “per non avere commesso il fatto”, e Antonio Tarozzi, direttore pro tempore dell’Agenzia 2 della Caripe, “perchè il fatto non costituisce reato”.
Il pm aveva chiesto una condanna a 2 anni di reclusione per Tarozzi, assistito dall’avvocato Domenico Russi, e l’assoluzione per Di Matteo, assistito dagli avvocati Gianni Falconi e Claudia Di Matteo.
Secondo quanto ricostruito dall’accusa, l’agenzia 2 della Caripe aveva concesso, a fare data dal primo trimestre 1998, una apertura di credito in favore di un’azienda di proprietà di due soci, per la gestione dell’attività d’impresa. Sulle passività del conto societario – ha sostenuto il pm – “venivano addebitati interessi superiori a quelli della soglia di usura legislativamente definita, per il terzo trimestre 2009, per il primo e secondo trimestre 2010, per il secondo, terzo e quarto trimestre 2012 e per tutti e quattro i trimestri del 2013”.
In particolare – sempre secondo l’accusa – in corrispettivo di un primo prestito di 250.000 euro, i due imputati avrebbero applicato rate pari a 4.166 euro mensili per i primi 8 mesi e a 6.018 euro per i mesi dal 31 maggio 2010 al 28 febbraio 2012. Rate che secondo l’accusa erano del “tutto sproporzionate rispetto alla corrispettività e redditività di impresa e tale da assorbirla completamente”, tanto che lo “sviluppo del piano di ammortamento portava ad un tasso di interesse effettivo globale pari al 18,05%, contro la misura del 7,78% del tasso di soglia di usura”. Quanto al secondo prestito, da 150.000 euro, secondo l’accusa sarebbero stati applicati tassi usurari, da corrispondersi in 60 mesi a rata crescente, con un tasso effettivo globale pari al 15,50%, contro la misura del tasso soglia pari all’8.90%”.