Il pm della Procura di Pescara, Gabriella De Lucia, aveva chiesto la condanna a 21 anni di reclusione per omicidio volontario. Una tesi, quella dell’omicidio preterintenzionale, sostenuta dal difensore di Settembrini, l’avvocato Amedeo Ciuffetelli.
Il fatto è avvenuto il primo febbraio del 2019 nell’abitazione della famiglia a Tocco da Casauria: Luca Settembrini – che è affetto da schizofrenia affettiva e che il giorno dopo i fatti rivelò anche segni di assunzione di alcol e stupefacenti – al culmine di una lite con il padre, a quanto pare per soldi, barricatosi in casa iniziò a colpire l’uomo con calci e pugni alla testa e al torace, e con una sedia di ferro alle gambe, e brandendo un coltello minacciò di ucciderlo se i carabinieri avessero provato a fare irruzione. Il giovane si arrese dopo cinque ore in seguito all’intervento di un carabiniere negoziatore, il maresciallo Alessio D’Alfonso.
Alberto Settembrini, dopo una serie di ricoveri ospedalieri, morì in una struttura riabilitativa a Bolognano l’11 giugno 2019 a causa delle conseguenze delle lesioni riportate. La moglie della vittima, sentita come testimone assieme a due delle tre figlie, ha sostenuto che l’aggressione di quella mattina fosse nata dal fatto che alle insistenti domande rivolte dal figlio al padre, sul perché quest’ultimo avesse tentato di ucciderlo quando era piccolo, l’uomo non rispose.
Il tentativo del padre di ucciderlo risalirebbe a quando Luca aveva 5 anni. Ciò che accadde in quella casa il primo febbraio del 2019, dunque, sarebbe stato lo sfogo di un risentimento covato per anni da Luca Settembrini, alimentato dalla sua malattia, ma anche dal consumo di alcolici e stupefacenti.