I primi scioperi a Scafa, gli incontri istituzionali, poi la protesta romana, ieri mattina, al ministero dello Sviluppo Economico. Ora la vertenza dei 70 dipendenti del cementificio della Val Pescara abbraccia anche gli altri stabilimenti Italcementi sparsi in tutta Italia, con un incontro previsto per il 23 settembre tra tutte le forze sindacali che stanno seguendo a livello nazionale la vertenza anche nelle altre 16 sedi italiane. Già, perchè a quanto pare non sono solo gli operai di Scafa, che dopo aver incassato la promessa della ristrutturazione si sono visti sbattere d’improvviso in faccia la certezza della chiusura dell’impianto, a partire da gennaio 2014.
Tra 12 giorni i sindacalisti faranno rete e, coesamente, valuteranno se organizzare una grande manifestazione sotto la sede di Bergamo. Lo hanno annunciato stamani, facendo il punto sulla giornata al MiSe, i rappresentanti sindacali di categoria di Cgil, Cisl e Uil: “A Roma”, ha spiegato Massimo Di Giovanni, della Fillea-Cgil, “sono emerse tutte le peculiarità della fabbrica di Scafa e in particolare l’esistenza della Sama, una azienda pubblica data in concessione alla Italcementi”. Con questa ci sarebbero accordi: “Mai rispettato”, tuona il sindaco di Scafa, Maurizio Giancola, anche lui a Roma ieri, “la Sama”, ha detto, “non ha mai onorato gli obblighi relativi sia allo stabilimento che al personale”.
Sulla stessa linea Lucio Girinelli (Cisl) e Giovanni Panza (Uil) che hanno chiesto “il rispetto dell’accordo esistente sulla Italcementi, sottoscritto a gennaio e confermato nei mesi successivi” che parlava di ristrutturazione e cassa integrazione, ma non di chiusura, e hanno messo in evidenza che “di certo c’e’ ancora bisogno della Italcementi in Abruzzo: basti pensare alla ricostruzione aquilana”.
Economia e occupazione: temi tristemente diffusi nell’intera Val Pescara: “Sulla vallata del Pescara”, ha aggiunto Di Giovanni, “c’èun problema di desertificazione del territorio dal punto di vista produttivo e occupazionale per cui con le istituzioni e i parlamentari dobbiamo aprire una discussione sulla crisi di quest’area. C’e’ bisogno di una risposta, che deve partire da una sinergia, e dovremmo essere in grado di intercettare i fondi che il Cipe ha deliberato e sono a disposizione del territorio”.
INTERROGAZIONI PARLAMENTARI DI SEL E GRILLINI
Rinunciando ad attendere ulteriori passi concertazionali, i deputati abruzzesi del Movimento 5 Stelle, Andrea Colletti, Gianluca Vacca e Daniele Del Grosso, hanno presentato un’interrogazione parlamentare a sostegno dei dipendenti della cementeria, chiedendo l’intervento urgente del Governo “per realizzare uno sviluppo industriale e occupazionale della zona sostenibile dal punto di vista economico ed ambientale”. “L’azienda”, si legge nel testo depositato alla Camera, “ha motivato l’anticipo della chiusura con il perdurare della crisi dell’intera filiera delle costruzioni che ha visto diminuire le proprie vendite di oltre il 50 per cento negli ultimi dieci anni. In evidente contraddizione con quanto asserito da Italcementi”, sottolineano i grillini, “è la recente notizia di un interessamento della ditta Toto Costruzioni Generali Spa alla realizzazione di un nuovo cementificio nei pressi di Bussi sul Tirino, non molto distante da Scafa, mediante l’utilizzo di circa 50 milioni di euro di fondi pubblici destinati alla bonifica di quel territorio. Tali fondi”, concludono Vacca, Del Grosso e Colletti, “inspiegabilmente congelati dal Commissario straordinario delegato all’emergenza socio-economico-ambientale del bacino del fiume Aterno, potrebbero dunque essere spesi per allestire un nuovo cementificio a soli venti chilometri da un altro cementificio in chiusura”.
Contemporaneamente, anche il parlamentare Sel Gianni Melilla ha interrogato i Ministri del Lavoro e dello Sviluppo economico per chiedere un “incontro urgente tra sindacati e proprietà presso il Ministero competente per individuare un percorso condiviso di tutela dell’occupazione e di ristrutturazione del cementificio di Scafa”.