Impavidi, hanno continuato ad agire nonostante dalla scorsa estate i carabinieri li hanno controllati e sequestrato vario denaro. Attrezzati e spalleggiati, con i parenti pronti ad incassare per loro conto ed evitargli di lasciare tracce bancarie. Esperti e collaudati, coinvolti più volte in truffe e reati specifici ma rimasti incensurati e senza riportare condanne. Alla fine, però, sono finiti agli arresti domiciliari per usura continuata in concorso i tre strozzini di lungo corso, arrestati stamani dai carabinieri del comando provinciale di Pescara, su mandato del Gip Gianluca Sarandrea, richiesto dal Pm Gennaro Varone.
GLI ARRESTATI. Sono Gianfranco Rossi, 46enne di Atessa, Vito Vacante, 43enne di San Vito, e Massimo Piccirillo, 44enne di Santa Maria Imbaro. Teatini gravitanti tra Chieti e Pescara a caccia di commercianti e imprenditori in crisi. Nelle loro grinfie sono finiti una decina di commercianti e imprenditori in gravi difficoltà economiche, molti già protestati dalle banche che non concedevano più i prestiti necessari a mandare avanti le aziende costruite con una vita di sacrifici: un ragioniere e un costruttore edile di Chieti, grossisti, ristoratori e il proprietari di una ditta di movimentazione terreni di Pescara. E tra i pescaresi anche una nota gelateria del centro e un gioielliere, che prima di mettersi in mano agli strozzini aveva già chiuso bottega per fallimento e riaperta a nome di un parente. “Era dal 2009”, ha ricostruito il luogo tenente Francesco Mingolla, direttore della stazione dei carabinieri di Pescara Scalo, “che i tre prestavano soldi a breve termine con interessi fino al 15 per cento da restituire in 10 giorni”. L’orbita di un’altra indagine per usura e le testimonianze di alcune vittime che, seppur non denunciando nulla, hanno ceduto agli interrogatori dei militari, hanno aperto nel 2012 la pista che ha ricomposto gli ultimi 3 anni di illeciti commessi da Rossi, Vacante e Piccirillo.
IL PASSAPAROLA GLI ASSEGNI MAGGIORATI E LE MINACCE. Erano piuttosto gli imprenditori in disgrazia, attraverso la parola passata da chi si era già rivolto a loro, ad andare a cercare gli strozzini nell’hinterland a sud del teatino. A tutti gli effetti, un favore tra imprenditori: Vacante risulta proprietario di una ditta di trasporti, Piccirillo ha intestata a sua nome un’azienda che installa pannelli fotovoltaici, ma le attività fatturano praticamente nulla. Il meccanismo per il prestito era semplice e ben congeniato: i tre emettevano un assegno, ad esempio, da 1000 euro, e ne incassavano uno da 1500 euro, post-datato di 15 giorni, termine ultimo per riconsegnare la somma e gli interessi. O viceversa, incassavano contanti con interessi compresi e anticipati ed emettevano l’assegno con una somma inferiore all’incassato. Poi la solita catena maledetta: il breve termine non basta per rispettare il debito, si chiede un altro prestito, gli interessi lievitano. Chi è in crisi si dispera, viene minacciato, si ritrova gli strozzini sotto casa, volano schiaffi e le vendette fanno tremare i polsi. E intanto gli assegni diventano sempre più grandi.
I SEQUESTRI: OLTRE 1 MILIONE SUI CONTI CORRENTI. In quattro anni il gruppetto criminale ha accumulato oltre un milione di euro su una trentina di conti correnti, rintracciati dalle indagini, taglieggiando un numero di persone ben superiore alle dieci individuate. I carabinieri hanno ritrovato, nel corso dei vari interventi, matrici oltre un centinaio di matrici e assegni, per lo più di cifre entro i 10mila euro, in un caso anche di 250mila. Solo questa mattina ne sono stati sequestrati 77, 11 in bianco, e 13 cambiali. Cachet privi di beneficiario, conti intestati ai tre arrestati e alle loro “facce pulite”.
LE FACCE PULITE: 4 INDAGATI. Gli usurati erano costretti a non scrivere, sugli assegni, il destinatario dei versamenti: in questo modo gli usurai potevano agire discretamente. Grazie alla complicità di 4 “facce pulite”, come le ha definite il capitano Claudio Scarponi, comandante dei carabinieri di Pescara, “complici e favoreggiatori del trio che materialmente andavano in banca per cambiare gli assegni”. I quattro, indagati a piede libero, permettevano agli strozzini di non comparire sui registri contabili o sui nastri delle telecamere di sorveglianza, elementi più tradizionali di una moderna indagine. Sono F.P, 36enne di Atessa, A.D.N., 50enne di Lanciano, e il padre 82enne e la sorella 50enne del Rossi.
Daniele Galli
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