Pescara. Banchine in fibrillazione e porto finalmente vivo per il prossimo ritorno in mare previsto per domenica notte. La marineria si prepara a tornare a lavorare dopo un anno di paralisi, e si appella alla città: “Da lunedì riavrete il pesce fresco, venite a festeggiare con noi”.
L’ufficialità manca ancora ma, se pur dalla Capitaneria tarda ad arrivare il ‘via libera’, sono le banchine a parlare chiaro e a confermare che i 56 pescherecci della flotta pescarese torneranno in mare domenica a mezzanotte. Sono già state scaricate presso ogni imbarcazione le vaschette di polistirolo necessarie a caricare il pescato, e fin dall’alba i pescatori le stanno caricando in stiva. Già da ieri, poi, alcuni hanno ripreso, con molta cautela, il largo per testare sotto sforzo mezzi e scafi: un azzardo sarebbe tornare a pieno regime senza prima rodare nuovamente la strumentazione ferma da oltre 500 giorni per il mancato dragaggio.
In realtà l’uscita dal porto non è cosa facile, con la sola canaletta nell’avamporto scavata e tutto il resto ripulito complessivamente di appena 50mila metri cubi. Sui 7 che ieri hanno tentato l’impresa, 5 hanno desistito, ma la voglia e la necessità di riprendere il lavoro è più forte di qualsiasi ostacolo. Sarà la firma del comandante della direzione marittima Luciano Pozzolano ad autorizzare ufficialmente l’uscita, ma molti armatori sono già andati negli uffici di piazza della Marina a ritirare i documenti di bordo per salpare. Il mare è pronto, la marineria pure, a proprio rischio e pericolo: “Poi tocca ai pescaresi”, recitano a ripetizione gli uomini del porto. “Ditelo a tutti che la paralisi è finita, ma per superare il dramma c’è bisogno del sostegno della gente”: parola di Giovanni Verzulli, uno dei più esperti e stimati tra i lupi di mare che ora teme che il mercato ittico di Pescara debba aspettare tre mesi prima di poter tornare a vendere come una volta. “Se ci va bene, possiamo tornare a lavorare al 65 per cento”, spiega Verzulli, “perché i ristoranti e i commercianti pescaresi sono dovuti forzatamente andare a comprare altrove per 11 mesi”.
E non è facile per i 120 grossisti poter riprendere immediatamente gli affari con il mercato di casa: quando si entra a far parte delle aste ittiche presso un porto bisogna aprire un “castelletto”, ovvero un conto a garanzia delle proprie offerte, un fondo cassa che varia, in partenza, dai 5 mila ai 30 mila euro, e che sale e scende a seconda di quanto si spende. Ad esempio, il compratore pescarese che si è dovuto spostare a Giulianova ora potrebbe trovare con un credito da esaurire o con degli arretrati da saldare, prima di poter tornare alle aste di Pescara. “Solo se noi riuscissimo ad evitare il fermo biologico estivo”, conclude Verzulli, “potremmo metterci a pari con le altre marinerie e ritornare a lavorare come prima del blocco del porto”.
Scontato dedurre che saranno i banchetti al dettaglio, le ‘scafette’ che le donne della marina vendono direttamente sul molo a dover incassare più che mai per poter sostenere lo sforzo iniziale di barche ed equipaggi che per riaccendere i motori stanno dando fondo agli ultimissimi risparmi o contraendo gli ennesimi debiti. Linfa vitale per la marineria sarà la volontà dei pescaresi di tornare a mangiare il proprio pesce e, soprattutto, dare una mano ad una parte fondante della storia della città stessa.
L’appello è uno solo e solo i più veraci figli di Pescara lo capiranno: “Iamme lu peeeeeeesce”.
Daniele Galli