Pescara, un paraurti sulla pista ciclabile di Villa Fabio

pistaciclabile_paraurtiPescara. Sempre peggio con il passare del tempo: le condizioni della pista ciclabile del lungo fiume vanno man mano decadendo ogni giorno che passa. PescaraBici interviene nuovamente: “Solo lucchetti e rifiuti”. Sulla pista, scaricato anche un paraurti.

Nonostante le denunce datate sei mesi fa, le condizioni della pista ciclabile che percorre il lungofiume nord, utilissima per il collegamento leggero che da Porta Nuova va verso l’ospedale, non migliorano minimamente. Risale al 23 agosto 2012 il clic del lucchetto che ha sbarrato il passaggio sul ponte di legno, composto di assi sconnesse e spaccate, chiudi spuntanti ovunque ed erbaccia incolta tra le assi. Da allora, però, niente è stato fatto per ripristinare quel ponte, dimenticato al punto da non avere nemmeno un nome.

Nel più totale sconforto l’associazione PescaraBici:  “Crediamo che chi passi da quelle parti si aspetti ogni giorno di vedere qualcuno al lavoro. E invece è sempre tutto fermo, sempre in maggiore abbandono”, affermano i ciclisti, “Una cosa del genere, se fosse successa su una strada carrabile, non sarebbe durata che qualche giorno . Invece dopo sei mesi non ci sono segni di ripristino e si può dire che il manufatto, opera pubblica, è abbandonato a se stesso”. Non l’unico caso di abbandono: “Più avanti stesso trattamento”, riferisce ancora la nota di PescaraBici, “il tracciato ciclabile, che svolta intorno alla rampa di accesso al Ponte di Villa Fabio, si contorna ogni giorno di più di rifiuti ingombranti e inerti, mobilio vario e calcinacci”.

Stamattina, però, l’inciviltà ha superato ogni immaginazione:  “Questa mattina ha fatto la comparsa, nel bel mezzo del pista, anche un bel paraurti”, spiega l’associazione ciclistica, “che viene dalla discarica lì vicino. Sono tutti segni di una sofferenza organizzativa gestionale istituzionale che, su questo territorio si trascina stancamente da quasi tre anni”. “Almeno”, concludono i membri di PescaraBici, “sapere il perché non si può o non si vuole renderebbe il processo più partecipato!”.

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