Pescara. Marcia indietro della Sacci: la ditta proprietaria del cementificio avrebbe ritirato la richiesta per l’ampliamento dell’impianto. L’assessore Del Trecco: “Per quella serve la valutazione di impatto ambientale, mai avuta dagli anni cinquanta”.
L’autorizzazione richiesta per estendere l’esercizio del cementificio allo smaltimento di rifiuti sarebbe stata ritirata. Svanirebbe, così, la principale preoccupazione sorta in seno al tema della delocalizzazione dell’impianto di via Raiale, con ambientalisti e cittadini preoccupati che lo stabilimento Sacci potesse trasformarsi in inceneritore di sostanze pericolose. La notizia, che aveva scatenato l’insorgere della protesta generale culminata con la fiaccolata del 13 ottobre, era stata data dal sindaco Albore Mascia quando aveva negato il proprio parere a rinnovare il permesso d’esercizio al cementificio, ovvero l’autorizzazione integrata ambientale, proprio in virtù della richiesta avanzata dalla società proprietaria per trasformarsi in inceneritore. La mobilitazione, con il Wwf a sostenere che già massicce e pericolose emissioni vengono fuori dai comignoli del cementificio, si è sollevata per cercare di convincere la conferenza regionale dei servizi (Regione, Asl, Arta) ad esprimere lo stesso parere negativo al rinnovo e per rigonfiare la corrente per la delocalizzazione dell’impianto fuori dall’area abitata.
Una scossa che, a quanto riferisce oggi l’assessore comunale all’Ambiente Isabella Del Trecco, qualcosa ha smosso: “E’ stato anche ufficializzato”, dice, “che il cementificio, per evitare una Valutazione d’impatto ambientale, che dagli anni ’50 a oggi non c’è mai stata, avrebbe già rinunciato all’ampliamento dell’auotorizzazione integrata ambientale per il trattamento dei rifiuti pericolosi, limitando la propria richiesta al rinnovo dell’autorizzazione precedente”. Questo denoterebbe una gestione burocratico-amministrativa dell’impianto da parte delle istituzioni non al passo con i tempi. Il cementificio, cioè, è stato costruito a metà secolo scorso in un’area disabitata, mentre col tempo è divenuto un gigante che spicca al centro di una zona più omogenea, e sbuffa polvere in mezzo a migliaia di persone. Ovvero, se all’epoca non c’era un’area sulla quale impattare, quell’area si è evoluta attorno al cementificio senza le dovute valutazioni e permessi. L’inerzia burocratica ha portato la situazione sin qui, ma se ora la Sacci vuole ‘ampliarsi’ deve obbligatoriamente sottoporsi alla Via. Evidentemente, conviene ingranare la marcia indietro.
“In realtà tale decisione nulla cambia nella presa di posizione dell’amministrazione comunale”, rimarca Isabella Del Trecco, “comunque confermiamo il nostro parere non favorevole al rinnovo dell’Aia”. Se il ‘no’ verrà replicato dagli altri componenti della conferenza dei servizi, la Sacci dovrà portare il suo impianto altrove, con una spesa stimata sui 250 milioni di euro. Un investimento pesante che potrebbe essere alleggerito con l’intervento dell’Unione europea. A breve verrà convocato dal comune un vertice con l’azienda, Asl, Arta e Regione: “Verificheremo le possibilità di delocalizzazione e valuteremo le proposte che, a detta della Sacci, sarebbero già state definite”, prosegue l’assessore. “Ovviamente siamo consapevoli dei costi di tale operazione, resta però che anche l’azienda, in quanto impresa privata, dovrà fare la propria parte, investire personalmente in tale procedura, e certamente non potrà solo pensare di puntare a fondi pubblici o comunitari”, conclude Del Trecco.