Poteva finire male, malissimo la manifestazioni cittadina che questa mattina ha portato sul piazzale del Municipio oltre mille persone indignate con la comunità rom, accusata di decenni e decenni di residenza criminosa e impunita nel capoluogo adriatico. L’ultimo, il più efferato dei crimini di cui viene accusato uno zingaro, il 29enne Massimo Ciarelli, è l’omicidio a sangue freddo di Domenico Rigante, ultras 24enne ucciso da un proiettile calibro 38 la sera del primo maggio. Gli ultras, i Pescara Rangers chiamano al motto di “Cacciamoli dalla città”, e la città risponde massiccia e furiosa. Il tempo dei Rangers è stato ieri, con il corteo in onore del fratello di curva, oggi è la città a urlare la propria intolleranza. Alle 10:00 appare in piazza Italia il sindaco Luigi Albore Mascia, unico insieme al presidente della Provincia Guerino Testa a “metterci la faccia” istituzionale, e al sindaco arrivano da tutte le parti le urla e le proteste della folla: “Toglieteli tutto, cacciateli dalle case popolari che gli avete dato, noi lavoriamo e paghiamo le tasse, loro non fanno niente e nessuno li controlla”. Mascia ci prova in politichese: “Io ho fatto sfratti contro gli abusivi che mai sono stati fatti prima, e domani chiederò al commissario regionale dell’Ater un censimento completo su chi occupa case che non gli spettano”; ma l’aria si fa rapidamente più tesa con la folla che lievita a perdita d’occhio: cori razzisti e insulti osannati a suon d’applausi. Il sindaco prova a ‘rifugiarsi’ sui gradini d’ingresso del Municipio, dove viene raggiunto dai capi della tifoseria che gli riassumono il sentimento della piazza: “Non ce l’abbiamo con chi lavora e si comporta bene, ma con chi si sveglia la mattina per fregare la povera gente e la umilia con la prepotenza. Questi fanno il comodo loro, hanno ville di 4 piani, macchine da 100mila euro e tutti sanno come se le pagano, voi sapete da 40 anni dove sono e non fate niente: questi si devono allineare. I magistrati, quando li prendono, devono dare pene esemplari”.
Come prova ad imbastire un discorso, il sindaco viene zittito dai cori. Tanti in onore di Domenico Rigante, tanti gli applausi alla famiglia, presente: i fratelli Antonio e Francesco, la mamma Antonietta, la compagna Angela, il padre pasquale. E serve l’intervento di quest’ultimo, che si affianca a Mascia e a Mimmo Nobile, il più ascoltato dalla tifoseria, per placare gli animi e concedere la parola al primo cittadino: “Da domani faremo i fatti, sentirò il Prefetto, il Questore, i comandanti di Finanza e Carabinieri, ma la questione si può risolvere solo facendo sistema, il sindaco può solo coordinare e parlare con voi”, spiega, ma precisa, “io oggi la faccia ce l’ho messa, ma non posso obbligare chi ha le proprie responsabilità istituzionali”. La tregua si interrompe immediatamente: “Vogliamo i fatti e non le chiacchiere, domani ce ne avranno già ammazzato un altro”, viene gridato, “Dobbiamo andare anche davanti al tribunale, perché dal tribunale quelli vengono messi agli arresti domiciliari due ore dopo che vengono arrestati”, suggerisce qualcuno. Ma l’esposizione del sindaco, assommata all’arresto di ieri di Ciarelli, accontenta abbastanza da ordinare lo ‘sciogliete le righe’: ancora chiuso nel dolore prende parola Pasquale Rigante, per la prima volta da quando gli hanno ucciso il figlio: “Ragazzi, quello che dovevamo fare l’abbiamo fatto”, e gli fa eco Nobile: “Da domani la dovete emarginare voi questa gente, adesso andiamo e andate a casa”. L’ordine è stato dato, e la tensione pesante come un macigno comincia a sgretolarsi mentre la folla si disperde. Ma è una calma apparente.
La marcia su Rancitelli. Serpeggia all’interno di un piccolissimo gruppetto l’insoddisfazione per il ‘nulla di fatto’; ancor prima di lasciare il marmo di piazza Italia rimpalla la proposta di marciare compatti sui quartieri residenza dei rom, da Rancitelli fino a Fontanelle. Un gruppo totalmente slegato dalla cerchia dei Rangers, gente comune, perlopiù giovani, circa 300 che si coalizza attorno alla rabbia e si incammina in corteo per i vicoli di Pescara Vecchia. Attraversano cantando contro il Rom via Lago di Campotosto e arrivano in via Tronto, un tiro di schioppo dalla porta ovest del quartiere più tristemente noto della città. Ad aspettarli un cordone di carabinieri e poliziotti in tenuta anti-sommossa: già dalla prima mattinata, infatti, le forze dell’ordine hanno messo sotto presidio la zona attorno al ‘ferro di cavallo’; ma lo scontro non ci sarà, grazie agli stessi ultras: l’ultimatum di cinque giorni lanciato mercoledì mattina è ancora in vigore, e forse l’arresto di Massimo Ciarelli l’ha già annullato. Un capo dei Rangers, appena appresa la notizia, piomba sul posto in sella ad uno scooter insieme ad Antonio Rigante, il ‘gemellone’ della vittima, e riescono a fermare il corteo di esaltati che aveva già impugnato pietre e betonelle per la sassaiola. Retrofront, la folla riattraversa il centro storico e fa esplodere un forte petardo una volta tornata sotto al palazzo del Comune. Il gemellone e il capo ultras catechizzano un’ultima volta la piazza, sotto l’occhio vigile dei celerini, gli ultimi fischi e gli ultimi cori, poi la tranquillità scende nuovamente sul centro di Pescara. Nella speranza che sia l’ultimo respiro di un clima d’allerta sociale.
I cori contro i rom: “Li cacciamo da Pescara“
Il colloquio con il sindaco Mascia
Fischi e insulti dalla piazza
I cittadini indignati con le istituzioni
L’appello di Pasquale Rigante
L’intolleranza della città
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Daniele Galli