Pescara, manichini in mutande: la protesta spopola sul web

manichinocrisiPescara. Pittoresca protesta di un salone di parrucchiere contro la crisi e i presunti colpevoli: un manichino in mutande, emblema dell’Italia d’oggi, esposto in vetrina con una vignetta satirica. Le immagini stanno girando il Paese via web.

C’è crisi, c’è crisi, c’è crisi. Lo dicono tutti, il cliente che si giustifica per la spesa parsimoniosa, l’esercente che viene costretto a rincarare o stracciare i prezzi, a seconda della teoria economica che segue. Ma da entrambe le parti del bancone, tutti sono concordi nell’individuare i responsabili e, ancor di più, a dichiararsi “in mutande”.

Giusto per rimarcare il concetto, forse anche per riderci un po’ su, il salone di parrucchiere più simpatico della città ha esposto in vetrina un manichino dalle figure femminili vestito degli unici e intimi indumenti rimasti a disposizione dell’italiano medio; solo le mutande, coulotte a dire il vero, e delle X di nastro adesivo a sostituire il reggiseno. “Siamo rimasti così” è il messaggio sottinteso, mentre a caratteri cubitali campeggia sulla parte alta della vetrata la scritta: “Questo il loro interesse”. Quale? Mangiare, alle spalle, anzi, direttamente in faccia all’affamato popolo. Gli imputati della vignetta che completa l’altarino (e non bastano i ceri per il miracolo) sono il governo e i banchieri.

Una situazione tanto comica quanto rappresentativa della situazione vissuta dai vessati esercenti che sta rapidamente facendo il giro del web, rilanciato dai blog e i forum più critici e, ovviamente, dai social network. E vengono avanzate anche le più profonde interpretazioni semiotiche: “A Pescara un salone di acconciature ha deciso di far capire ai sui clienti perché ci troviamo in questa situazione economica e sociale con questa rappresentazione”, si legge sul sito Nocensura.com, che difende l’indipendenza dell’informazione, “un manichino in mutande, perché molti di noi, oltre ad essere rimasti in mutande, sono solo dei manichini manovrati dal sistema della distrazione di massa”.

 

Daniele Galli


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