Pescara. Adescava ragazzine tra gli 11 e i 17 anni in chat fingendosi un 15enne, corrompendone l’ingenuità per farsi inviare scatti o mostrarsi in webcam in pose osé. Se si rifiutavano, si spacciava per hacker, minacciando di rubare le foto dal pc e diffonderle su internet: il 33enne teramano è stato arrestato ieri dalla polizia postale. Ne aveva contattate oltre 50 in tutta Italia in 3 anni: diffusa la lista nera dei nickname utilizzati per l’adescamento.
“Ancora una volta l’orco entra in casa attraverso internet fingendo una innocente richiesta di amicizia”. Le parole del capo del Compartimento regionale della polizia postale e delle comunicazioni, il comandante Pasquale Sorgonà e del suo vice Gianluca De Donato possono suonare come stereotipate o retoriche, eppure racchiudono tutta la corruzione psicologica alla base dell’azione del pedofilo che adesca le sue vittime su internet. La stessa utilizzata dal 33enne della provincia di Teramo arrestato ieri con le accuse di produzione e detenzione di materiale pedopornografico ed estorsione. Ad emettere l’ordine di custodia cautelare è stato il Gip Marco Billi della Procura distrettuale de L’Aquila, a conclusione delle indagini coordinate dal Pm David Mancini. La tecnica utilizzata per far leva sull’innocenza di ragazzine e bambine anche di 11 anni è conosciuta come ‘Grooming’. Gli psicologi ne hanno ripreso il nome dall’abitudine di alcune scimmie di spulciarsi a vicenda, azione che oltre ripulire dai parassiti fa instaurare un forte legame affettivo che porta, appunto, a concedersi all’altro fino a farsi mettere le mani addosso.
Così faceva, virtualmente, l’uomo arrestato, di cui non sono state rilasciate generalità alcune, ma è stato descritto come una persona normalissima senza nessun precedente penale. Dal 2009, nella solitudine della sua casa della provincia teramana, aveva iniziato a crearsi falsi profili sulla piattaforma di chat Msn Messenger, dove si può chattare in modo tradizionale o scambiarsi foto e video e guardarsi attraverso la web cam. L’uomo si fingeva un 15enne, presentandosi con il volto rubato alle foto di altri ragazzi, e con un impegno tenace era arrivato a contattare fino a 70 indirizzi di posta elettronica tra Venezia, Verona, Milano, Torino, Alessandria, Bergamo, Brescia, Massa, Pesaro, Forlì, L’Aquila, Roma, Rieti, Viterbo, Napoli e Catania. Impiegava settimane, anche mesi per carpire la fiducia e la confidenza delle giovanissime vittime e una volta ottenute “ogni richiesta diveniva lecita”, ha spiegato Sorgonà. Chiedeva scatti senza vestiti: le ragazzine si lasciavano convincere, fornendo involontariamente le armi per la pesante violenza psicologica, quindi l’estorsione. Con quelle in mano l’uomo minacciava di diffonderle in rete, chiedendo in cambio scatti sempre più spinti e di mostrarsi in web cam mentre si masturbavano. Alle meno ingenue, che chiedevano di guardarlo in faccia in diretta, rispondeva di avere la camera guasta, mentre a quelle che respingevano in partenza l’abuso raccontava di essere un hacker informatico e che, con un’abile tecnica, avrebbe comunque potuto rubare ogni contenuto dal pc e divulgarlo su internet, oppure paventava l’invio di un devastante virus che avrebbe distrutto l’hard disk. Ma a fare il suo gioco, come sempre in questi casi, sono stati l’inconsapevolezza delle piccole e il mancato controllo dei genitori, che lasciano i figli soli davanti al computer per ore: “Pensano che la connessione a internet sia una semplice Play station”, rimarca Sorgonà, “invece si dovrebbe controllare con più cura cosa fanno i bambini davanti al computer”. L’uomo avrebbe potuto completare l’opera perversa richiedendo l’incontro faccia a faccia, ma fortunatamente si sarebbe fermato alla sfera virtuale.
I primi cenni della “sistematica azione ben architettata” sono stati scoperti nell’agosto 2011, quando una mamma piemontese ha denunciato quanto raccontatogli dalla figlia; la PolPoste di Teramo ha così effettuato un primo sequestro ad un computer dell’uomo che, forse tranquillo del contenuto, aveva pensato ad un intervento circoscritto. Invece le indagini hanno ricondotto ad una cinquantina di ragazzine: gli inquirenti sono riusciti a sentire le testimonianze di 35 di queste, con il supporto degli psicologi, trovandosi di fronte al totale stupore dei genitori e alla vergogna della confessione delle vittime: “Alcune hanno negato l’evidenza delle foto che le ritraeva, come è comprensibile”, spiega De Donato, “ma la difficoltà più grande che incontriamo è quella dei genitori ad ammettere che i propri figli possano essere coinvolti in vicende simili, quindi a collaborare”.
Ieri la nuova perquisizione in casa: sono stati sequestrati altri due computer e un hard disk. L’uomo è stato condotto nel carcere di Castrogno, dove è recluso in isolamento: rischia fino a 12 anni di carcere per i pesanti reati commessi, ma le aggravanti per il coinvolgimento di minorenni possono aumentargli la pena da un terzo alla metà.
La lista nera del pedofilo. All’arrivo dei poliziotti il 33enne ha cercato di distruggere il foglio contenente una lunga lista di profili utilizzati per l’adescamento, con le relative password, ma gli agenti sono riusciti a ricomporre le striscioline tagliate dal distruggidocumenti. L’appello del comandante Sorgonà, quindi, passa dalla diffusione di quegli indirizzi di posta elettronica: se i genitori o le stesse ragazzine scoprissero di essere state contattate da uno di questi nickname contattino immediatamente il Compartimento regionale della polizia postale allo 085/4279750.
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Daniele Galli