Farindola. Macerie, detriti e alberi. Tanti alberi spazzati via. Appare così, a quasi tre mesi e mezzo dalla tragedia, ciò che resta dell’hotel Rigopiano, travolto e distrutto da una valanga lo scorso 18 gennaio, provocando la morte di 29 persone. La neve che si è sciolta del tutto consegna immagini impressionanti, che dimostrano la potenza di quel mostro di ghiaccio e detriti che ha travolto il resort, spostandolo di decine di metri e facendolo letteralmente sgretolare. Poco più su la montagna imponente, e la spaventosa scia tracciata dalla slavina. Tutto attorno, ovunque, gli alberi trascinati per centinaia di metri dalla valanga.
L’area, sotto sequestro per disposizione della Procura, è presidiata h24 dai Carabinieri. Ma questo non impedisce, soprattutto nei giorni festivi, come Pasqua, Pasquetta, il 25 aprile o le domeniche, un via vai di persone, che raggiungono la zona, transennata, per vedere dal vivo, per curiosità, per una preghiera. A terra fiori e lumini. In silenzio si fermano davanti alle transenne e, a distanza, guardano i resti di quello che era uno dei gioielli di quella parte d’Abruzzo. C’è chi osserva in silenzio, chi commenta, chi con lo sguardo segue la ‘strada’ percorsa dalla valanga e chi indica ciò che resta della vita nell’hotel, come l’automobile ancora capovolta presente tra i detriti.
Intanto, pochi chilometri più a valle, a Farindola, le giornate sembrano essere tornate a scorrere regolarmente, ma “nulla è più come prima”, ripetono i cittadini, da quando non c’è più l’hotel Rigopiano. Il paese presenta ancora le cicatrici causate dall’eccezionale ondata di maltempo, ma prova a ripartire. Certo è che la valanga, insieme al resort, ha travolto anche il sistema economico che vi ruotava attorno. E il maltempo ha fatto il resto: frane, smottamenti, strade impraticabili, edifici e stalle crollate.
“Il lavoro di molte attività, dall’edicola alla lavanderia ai bar – dice un signore in una delle stradine principali del paese – non è più lo stesso”.
Insieme ai resti dell’hotel, la Procura di Pescara ha sequestrato anche la strada che, al di sopra dell’area del resort, conduce da un lato all’Aquilano e alla zona di Campo Imperatore e dall’altro al Teramano. Una zona di montagna, con boschi e aree picnic, prima presa d’assalto, soprattutto in primavera e in estate, da appassionati e turisti. Persone che visitavano il paese per un caffè, per mangiare in uno dei ristoranti o per acquistare il Pecorino di Farindola, famoso in tutto il mondo.
“Ora è tutto diverso – dicono al bar della piazza centrale – prima c’era molto più movimento, entravano più persone provenienti da fuori. C’è da dire che ci sono parecchi curiosi che entrano, si informano e poi magari raggiungono Rigopiano. Ma questa curiosità finirà”.
“È un’inchiesta complessa, che coinvolge molte persone. Bisognerà aspettare che la giustizia faccia il suo corso”, dice un altro cittadino. I farindolesi, che pure in quella tragedia hanno perso concittadini, lavoratori e amici, però, pensano più a ripartire e a rilanciare un territorio martoriato dall’emergenza.
“Il territorio è in ginocchio – sintetizza, infatti, il sindaco, Ilario Lacchetta – non ci vengono garantiti i diritti minimi essenziali, come la salute o la viabilità. Se le scuole vanno avanti, invece, è solo grazie all’impegno dei dirigenti scolastici”.
Il timore è quello di “essere abbandonati. L’unico asset che può consentire al paese di svilupparsi – aggiunge – è il rilancio dell’area dal punto di vista turistico, perché vivevamo solo di quello”. Stamani in paese si è svolto un evento sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, promosso da Confindustria Chieti Pescara. Riprendendo lo slogan dell’iniziativa, ‘Il passato non deve impedirci di avere un futuro’, Lacchetta conclude dicendo con decisione che “questo slogan è la nostra mission per i prossimi anni”.