Pescara. Macchine “ripulite” con documenti e denunce false e rivendute a prezzi stracciati, dopo averle sottratte con la truffa agli autonoleggi di mezza Italia. Una rete di 36 soggetti ben noti alle forze dell’ordine, che include rom abruzzesi e criminali foggiani, è stata bloccata oggi dal reparto di Polizia Giudiziaria della Stradale di Pescara, dopo due anni di indagini. Un’associazione a delinquere che, con la complicità di broker e commercialisti, si dedicava anche alla truffa verso banche e società finanziarie.
Una tecnica ben congegnata, basata tutta sulla velocità d’esecuzione nella falsificazione di atti e denunce, al fine di ottenere il rapido e ripetuto cambio d’intestazione dei veicoli che la rete delle macchine “ripulite” sottraeva agli autonoleggi e rivendeva a prezzi ben al di sotto dei prezzi commerciali ad acquirenti più o meno ignari dell’illecita vendita. Nel mirino, si è detto, le agenzie di autonoleggio, prediligendo quelle più piccole e meno cautelate e che, soprattutto, non richiedono carte di credito a garanzia dell’affitto. Gli incaricati erano Daniele De Cotiis e Michele Testa, entrambi di San Severo (Fg), che si presentavano nelle agenzie ben selezionate, lasciavano qualche centinaio di euro di caparra o conti saldati con assegni sorretti da conti estinti o revocati. La particolarità dei mezzi noleggiati è che non viaggiano con un certificato di proprietà, bensì unicamente con la carta di circolazione; succede così che la strategica organizzazione si reca fulminea a denunciare a nome di un terzo, che si spaccia per titolare dell’agenzia di nolo, lo smarrimento del libretto presso un commissariato, o addirittura si produce denunce con timbri falsi, come il rinvenuto bollo tarocco del commissariato di Fiumicino. Denuncia in mano, sempre in poche ore, per aggirare i controlli amministrativi, i truffatori si recano al Pubblico registro automobilistico e si fanno produrre un duplicato del certificato di proprietà al quale, però, viene assegnato dall’ingenua burocrazia il nuovo titolare, quello truffaldino. E poi via con innumerevoli nuove intestazioni, passando per varie regioni e società prestanome, lasciandosi dietro sempre meno tracce, ripulite insomma, fino ad essere rivendute da concessionari compiacenti, se non addirittura a capo dell’intera filiera, come Vincenzo Bevilacqua, napoletano appartenente alla famiglia rom maggiormente alla ribalta delle ultime cronache criminali, titolare della Planet Auto di Montesilvano. Le altre 3 coinvolte si trovano a Santa Teresa di Spoltore, Termoli e nel teramano.
Prezzi d’occasione, stracciati rispetto a quelli di mercato: rimane difficile pensare che chi acquistasse quelle auto non fosse a conoscenza del giro illecito. Immensa la mole di lavoro eseguita dalla squadra di polizia giudiziaria della sezione stradale di Pescara, che fin dal 2009 era sulle tracce dell’immensa organizzazione, composta da ben 36 persone, tutte finite nelle indagini condotte dalla vicequestore Silvia Conti, con il supporto della squadra di Angelo Mastronardi e coordinate dal procuratore Miriana Di Serio. Di questa schiera, oggi sono finiti in 8 agli arresti domiciliari e 4 all’obbligo di dimora con i provvedimenti emanati dal Gip Luca De Ninis, ma tutti quanti avevano un profilo criminale ben delineato e vari precedenti alle spalle. Il capo, Bevilacqua, ha addirittura un contenzioso per omicidio presso la Corte di Cassazione di Potenza; di incensurato c’è solo il figlio 26enne Costantino, ma tutti reiteranti nel crimine nonostante i ripetuti fermi e sequestri operati nei 2 anni di operazione della polizia.
Dal 2009 infatti, da quando 4 costosissimi mezzi di cantiere vennero rubati nel veronese e scoperti in vendita nella concessionaria di Santa Teresa di Spoltore, l’indagine si è allargata a macchia d’olio fino alla Lombardia, al Lazio, alla Puglia e al Molise, tirando dentro truffe e reati racchiusi, a garanzia delle future condanne, nell’associazione a delinquere. Una serie di sponde, si rubava al nord per rivendere al sud; ma tra i tanti anelli anche i criminali si sono confusi, fino a rivendere a Spoltore una macchina noleggiata e sottratta nello stesso Comune, dopo un giro per lo Stivale. Ben 36 i veicoli rintracciati, e se a corto raggio si raccoglievano utilitarie e macchine commerciali, nel ricco nord sono state pescate una Ferrari, una Porche e una Maserati; perfino un paio di camper, “uno scelto proprio da Vincenzo Bevilacqua, bisognoso di un alloggio per assistere la mamma ricoverata in un ospedale a Milano”, ha raccontato il dirigente della p.g. Mastronardi in conferenza stampa. Tutti con i propri compiti, gli appartenenti alla “filiera”, compresi un commercialista e un broker del pescarese.
Un secondo filone dell’inchiesta ha infatti scoperto una serie di truffe tirate ai danni di banche e società finanziarie e di prestito, che coinvolgono gli stessi soggetti del “giro delle macchine ripulite”: a dirlo sono le intercettazioni telefoniche utilizzate; un colpo di fortuna che gli inquirenti hanno dovuto implementare con un’attenta traduzione del linguaggio rom utilizzato da Bevilacqua e compari per comunicare, insegnato anche a chi radici rom non ne ha. Alcuni dei 36 veicoli sono stati utilizzati, insieme alle false documentazioni finanziarie preparate dal commercialista pescarese, come finte garanzie per ottenere prestiti a nome di società false o prestanome, con la complicità del broker di Loreto Aprutino Clementino Ruggieri. Venivano chiesti leasing per l’acquisto di yacht fittizi ma ben documentati, o prestiti a nome di finte imprese edili, che avevano a garanzia bilanci gonfiati o ruspe escavatrici esistenti ma rubate. E per rendere tutto più credibile, il commercialista redigeva finte assunzioni e presentava buste paga per operai fantasma: tutto quanto potesse servire ad ottenere mutui contanti e poi sparire nel nulla. Sono finiti tutti, invece, nei registri della Procura pescarese.
Daniele Galli