“Andrea era uno abituato a 20 ore di grotta, con zaini e sacchi pesanti sulle spalle. Se fosse stata la fatica ad ucciderlo, sarebbe morto da qualche anno”. Sono proprio gli uomini che con il tecnico speleologico del Soccorso Alpino abruzzese morto ieri d’infarto hanno condiviso centinaia di emergenze, ad escludere che ad uccidere Andrea a 39 anni sia stato il lavoro delle ultime settimane. Certo, dicono, “era sotto stress come tutti noi” e la tragedia dell’elicottero “ci ha provato tutti”. Ma “Andrea era preparato ed allenato”.
Nei giorni dell’emergenza in Abruzzo, con decine di migliaia di persone isolate a causa delle bufere di neve, Andrea Pietrolungo aveva coordinato tutti gli interventi nella zona del teramano.
“Non è mai stato all’hotel Rigopiano, avevamo un’area di operazioni molto più ampia, che va dal Gran Sasso ai monti della Laga” dice l’uomo che si definisce “il suo braccio destro”, il delegato regionale del soccorso speleologico Alfonso Arditti.
“Andrea era il più esperto di tutti ed è stato per diversi giorni a coordinare i soccorsi in piazzola, era i miei occhi a terra. Inoltre – sottolinea ancora Arditti – controllava i ragazzi che aveva formato prima che salissero sull’elicottero, per vedere se l’attrezzatura era a posto”. In cinque giorni le missioni degli uomini del soccorso alpino sono state infinite.
“Abbiamo portato viveri e carburante a centinaia di famiglie ed evacuato oltre 1.200 persone” racconta il vice presidente del soccorso alpino abruzzese Gaetano Di Blasio che definisce Pietrolungo “una persona straordinaria, umile e silenziosa ma allo stesso tempo risolutiva, capace di prendere decisioni ed operare negli ambienti impervi”. Ma Andrea, che nella vita di tutti i giorni era un operaio in un’azienda di Pianella, il paese in provincia di Pescara dove viveva, non era soltanto un soccorritore.
Era anche istruttore regionale del Soccorso Alpino e direttore della scuola regionale del soccorso speleologico. “Tutti parlano di volontariato – sottolinea Di Blasio – ma in realtà quello di Andrea e di tutti noi è un vero e proprio impegno morale e fisico. Questa gente lascia le proprie famiglie per soccorrere le persone e, a volte, sacrificarsi fino alla morte”. A salutarlo oggi c’era un intero paese.
“Abbiamo dovuto mettere gli altoparlanti fuori dalla chiesa per far sentire la messa a tutti. La piazza – dice Arditti – era strapiena, impressionante”. Un funerale a distanza di due giorni dall’ultimo, quello di Davide De Carolis, a cui avevano partecipato molti uomini del Soccorso Alpino.
“Domenica ho visto Andrea provato, era molto teso, troppo teso – ricorda Di Blasio – Gli sono stato vicino e ho cercato di capire il suo male, ma non è riuscito a scaricare la tensione”.