Pescara. Bocciato senza appello dal WWF Chieti-Pescara il progetto sulle casse di espansione per arginare le piene del fiume Pescara.
L’associazione ambientalista ha inviato a tutti i consiglieri regionali abruzzesi, al presidente della Regione e al Comitato VIA una lettera per segnalare quelle che, a proprio avviso, sono le importanti criticità delle cosiddette “Opere di laminazione delle piene del fiume Pescara”, intervento da 54 milioni di euro che prevede la realizzazione di cinque casse di espansione, nei territori di Chieti (località Brecciarola), Cepagatti e Rosciano, per complessivi 86 ettari: “Poco più della superficie esondabile sottratta al fiume in anni recenti da Megalò (circa 40 ettari) e Interporto (circa 40 ettari)!”.
“Che si tratti davvero di un’opera strategica e concretamente utile è tutto da dimostrare”, scrive il Wwf in una nota, “visto che è stato calcolato che la riduzione dell’ondata di piena attesa è dell’ordine del 10%: a fronte di una grande piena il 90% dell’acqua arriverebbe comunque a valle. Le casse sarebbero inoltre realizzate in un tratto che, in condizioni normali, è scavalcato dalla gran parte del volume d’acqua del fiume: gli impianti della diga di Alanno (3° salto) e quelli della centrale di Triano (4° salto) sottraggono sino a Selvaiezzi di Chieti gran parte dei 57 mc/sec della portata media alla foce”.
“Le Casse di espansione ubicate all’interno delle aree golenali interferiscono con la naturale e ordinaria esondazione del fiume”, prosegue la nota, “Non bisogna per questo realizzare degli invasi in sostituzione ma recuperare invece le aree di esondazione naturale. Le casse di espansione, se ritenute necessarie, vanno poste al di fuori delle aree golenali stesse, in aggiunta e non in sostituzione delle medesime. Il progetto in esame riduce in maniera significativamente negativa le possibilità di divagazione naturale del corso d’acqua. Una scelta illogica che pone al WWF un dubbio inquietante: e se, dopo la costruzione delle casse, invece di procedere con una pianificazione di bacino che punti al recupero della capacità di laminazione nella parte di fondovalle e a un aumento della capacità di ritenzione idrica a monte, si cogliesse l’occasione per ridurre le classi di rischio in alcune zone limitrofe al fiume e appetite da interessi di urbanizzazione incontrollata? Le casse in questo caso darebbero un importante contributo negativo ad aumentare la cementificazione di un fiume che avrebbe invece bisogno di tutt’altro”.
Tra le altre cose il Wwf sottolinea che “la procedura seguita per l’autorizzazione di queste ed altre analoghe opere in Italia non è consona a quanto previsto dalla normativa quadro europea: Direttiva Acque (2000/60/CE) e Direttiva Alluvioni (2007/60/CE)”.
Nella sua nota, il gruppo ecologista mette pure in evidenza “un dato per certi versi assurdo. Se è vero, come è vero, che La forte pressione insediativa nelle aree di pertinenza fluviale ha portato alla sottrazione di numerose aree di espansione naturale riducendo la capacità di laminazione naturale del fiume (pag. 13 della relazione descrittiva che accompagna il progetto) capiterebbe che con la laminazione così come progettata verrebbero penalizzati proprio i territori virtuosi, che hanno saputo meglio conservare le proprie pertinenze fluviali, per “premiare” quelli che invece, con scelte incaute, hanno contribuito a creare la attuale situazione”.
“Non è stato individuato il gestore delle opere di laminazione e non è stato redatto un piano di manutenzione”, insiste il Wwf , “due argomenti che dovrebbero invece rappresentare un contenuto essenziale dello studio. Questo significa che c’è la concreta possibilità che al danno (le opere in sé) si aggiunga la beffa della vanificazione a breve termine degli effetti positivi attesi se non addirittura della mancata entrata in esercizio”.
“Invece di insistere con una opera costosa e di dubbia utilità pratica, si dovrebbe puntare in via prioritaria su una migliore gestione del territorio, a cominciare da un provvedimento a costo zero per la collettività: il divieto assoluto di costruire, senza alcuna eccezione, entro una ampia fascia di rispetto dall’alveo dei fiumi”, rilanciano gli ambientaslisti, “mentre dal punto di vista della prevenzione del rischio si otterrebbero risultati più significativi già semplicemente con il dragaggio dell’invaso artificiale creato dalla diga di Alanno con un conseguente importante aumento della sua capienza”.