Prostituzione in Abruzzo: dalla tratta delle schiave ai clan malavitosi

Pescara. Da vent’anni l’associazione ‘On the road’ si occupa di supportare ad ampio raggio le vittime della tratta di esseri umani.

Dalla prostituzione, all’accattonaggio, allo sfruttamento del lavoro nell’ambito della produttività economica, il panorama di esseri umani schiavizzati e sfruttati dai clan malavitosi è variegato, ma ha un unico comune denominatore: la vulnerabilità delle vittime.

I soggetti vulnerabili, in primis, sono le persone (uomini, donne, bambini) provenienti da paesi in guerra, per le quali l’Italia rappresenta un’America in miniatura. Persone tratte in inganno dai loro stessi connazionali, spesso parenti stretti, che promettono loro una vita decorosa. Il solito schema che si ripete, immutato, da anni.

La strada è il posto in cui le donne e le ragazzine, soprattutto nigeriane, spesso minorenni, scontano il loro ‘debito’. Un debito enorme, di 40 o 50 mila euro, che è il prezzo del loro viaggio, della promessa non mantenuta di una vita decorosa.

“Quando si parla di prostituzione, le reazioni più comuni sono due” ha spiegato Antonello Salvatore, responsabile di ‘On the road’. “La condanna nei confronti della donna che si prostituisce o il pietismo”; alla base di entrambi gli atteggiamenti, c’è sicuramente l’indifferenza, più o meno voluta, di fronte ad un problema reale, che non è certamente quello di salvaguardare l’apparenza del buon costume sociale.

In Abruzzo, i clan malavitosi che gestiscono il traffico di prostituzione e sfruttamento delle donne è di origine albanese, sin dagli anni ’90, con successive implementazioni di clan rumeni, il più delle volte controllati dalla ’ndrangheta o dalla sacra corona unita.

L’Abruzzo, prima degli anni ’90, veniva denominata e considerata “un’isola felice”, come ha fatto notare Paolo Mastri, caporedattore del ‘Messaggero’, durante il dibattito svoltosi questo pomeriggio all’Aurum, sul tema ‘Nuove schiavitù, reportage e inchieste su prostituzione e accattonaggio’.

Un’isola felice, ma non troppo.

Il fatto che il racket della prostituzione in Abruzzo sia esterno, non significa che l’Abruzzo sia esente dal fenomeno mafioso locale, anzi.

Stando alla relazione rilasciata dalla Commissione parlamentare antimafia, che nel 1993 poneva l’attenzione sulle regioni ‘a non tradizionale insediamento mafioso’, emerge un particolare dato, presentato a dicembre ’93 dall’allora senatore Pds, Carlo Smuraglia: la criminalità organizzata locale c’è ed opera ad un più alto livello, perché agisce sul controllo economico e lavorativo, più che sul controllo territoriale.

In buona sostanza, il mercato della prostituzione, economicamente meno redditizio rispetto a quello dell’usura e del riciclaggio di denaro, non rientra nell’interesse prioritario della criminalità organizzata locale, ragion per cui, questo è appannaggio dei clan stranieri.

Il fenomeno della prostituzione, nell’ambito della politica locale, è stato spesso affrontato con proposte che, più che intervenire sul problema, tendevano a coprirlo alla vista; è il caso, ad esempio, del cosiddetti ‘love parking’, richiesti dagli ex sindaci di Montesilvano e di Controguerra.

Il viavai lungo la Riviera e presso molte delle località turistiche più rinomate d’Abruzzo contiene diverse storie di donne, alle quali, spesso, gli operatori di ‘On the road’ fanno campagna informativa, si avvicinano, cercano un contatto per offrire loro una vita che possa essere davvero decorosa.

“Spesso loro ci sputavano, ci lanciavano contro sassi e oggetti: c’è una forte dipendenza al loro lavoro” ha raccontato Marianna Gianforte, giornalista del quotidiano ‘Il Centro’, autrice di web inchieste sulla prostituzione locale.

Una forte dipendenza alla loro schiavitù, dovuta in gran parte alla paura di ritorsioni; una paura che accompagna queste donne anche quando sono al sicuro, all’interno di strutture protette. “Subito dopo l’accoglienza, il programma prevede una fase di totale cessione di contatti con l’esterno” ha spiegato Salvatore. Il rischio che possano rientrare in contatto con gli sfruttatori è alto.

Attualmente, ci sono 26 donne inserite nel programma di ‘On the road’.

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