Il procedimento di primo grado si era concluso il 10 aprile 2018 e aveva stabilito che la morte dell’orso era avvenuta a causa dei colpi da arma da fuoco esplosi da un fucile da caccia dello stesso tipo di quelli detenuti dell’imputato che però è stato assolto perché non vi erano prove sufficienti.
Il Procuratore Generale di L’Aquila ha proposto appello in quanto gli elementi recepiti nel corso della procedura apparivano “congrui nel dimostrare la piena responsabilità dell’imputato, sia sotto il profilo materiale che psicologico, senza possibilità di logica lettura alternativa degli stessi”.
L’istruttoria in appello è stata rinnovata anche grazie al fatto che i testimoni e i consulenti sono stati sentiti nuovamente.
Il WWF, rappresentato dall’avvocato Michele Pezone insieme alle Associazioni LAV e Salviamo l’Orso, ha impugnato la sentenza di primo grado e ora attende una riforma della sentenza che faccia finalmente giustizia per l’Orso.
“Si ricorda che l’orso marsicano”, si legge in una nota, “è una sottospecie unica al mondo, protetta da leggi nazionali e internazionali, della quale rimangono nell’Italia centrale solo una cinquantina di individui. Non si possono continuare a perdere esemplari di questa specie per atti come quello di Pettorano sul Gizio di 6 anni fa e non si può non fare chiarezza sulla dinamica di un incidente che ha sacrificato un individuo di Orso marsicano colpevole di aver fatto qualche piccolo danno ai pollai.
La strada da seguire è quella dell’educazione alla convivenza attraverso l’attuazione di misure di prevenzione quali l’adozione di pollai anti-orso che sostituiscano anche molti di quelli fatiscenti che si trovano sulle nostre montagne, recinti elettrificati, rimozione delle fonti trofiche dai paesi… tenendo sempre presente che non si conoscono casi di aggressione da parte dell’Orso marsicano all’uomo, mentre non si può dire il contrario”.