Così Franco Zunino, Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness, ha commentato la notizia della morte dell’orso nel Parco Nazionale d’Abruzzo.
“E perché a fronte dei tanti veri e reali problemi dell’Orso marsicano, se ne inventano sempre di nuovi pur di non voler riconoscere quelli reali, ed ormai storici, che hanno spinto gli orsi a vivere ormai prevalentemente fuori dal Parco? Chissà perché, questa storia ricorda tanto quelle che a volte i politici fanno circolare quando vogliono stornare l’attenzione dell’opinione pubblica da problemi per loro spinosi o per giustificare provvedimenti che si vogliono prendere sotto pressione mediatica senza troppo riflettere sulla loro reale necessità od utilità. Il problema dell’orso marsicano è ormai sempre più in mano a gente che si fa passare per competente, ma che segue solo logiche ambientalistiche mirate spesso ad altri obiettivi, quali la chiusura di sempre più territori alla caccia, ad ampliare sempre i più i parchi, e ad istituirne sempre di nuovi, ed a porre vincoli d’ogni genere all’attività venatoria, quando non per crearsi posti di impiego o anche semplicemente per notorietà personale. E grave è il fatto che anche le autorità politiche, chiaramente incompetenti e disinformate in materie ambientali, non sapendo che fare per salvare l’orso, sotto pressione dell’opinione pubblica diano retta alle proposte più strampalate pur di non dover toccare argomenti spinosi quali il turismo, la ripresa dell’attività agricola e, guarda caso, il sostegno alle attività pastorali ed il blocco ai tanti progetti che minano l’habitat dell’orso”.
Per il Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness “che l’orso abbia contratto la tubercolosi bovina nessuno lo mette in dubbio: fino a prova contraria la tubercolosi bovina la possono contrarre anche gli uomini. Da mettere in dubbio è il fatto che sia stata questa malattia a portare alla morte l’orso. Contrarre una malattia non significa sempre morire della stessa, specie se non è mortale di per sé. Siamo certi che non sia solo una concomitanza di eventi, per cui l’animale aveva sì contratto la tubercolosi, ma perché debilitato per altre ragioni (pare che sia così che solitamente si contrae questa malattia), per cui la morte potrebbe essere stata causata da una serie di concause, comprese quelle naturali (es. il deperimento fisico, magari per scarsità di cibo: l’animale era appena uscito dal letargo, forse anche anzitempo e magari proprio perché in autunno non aveva potuto rifocillarsi come avrebbe dovuto, cosa che avrebbe favorito la tubercolosi!), per cui, eliminando il rischio di tubercolosi allontanando i bovini come qualcuno ha richiesto, non si risolve affatto il problema della moria di orsi, moria legata alla loro sempre maggiore fuga dall’area protetta alla ricerca di quiete e di cibo (e solo così rischiando di essere investiti lungo le strade ed autostrade!). Sarebbe un gravissimo errore se per la segnalazione della tubercolosi bovina, anziché portare ad un maggiore e più severo controllo veterinario sugli animali domestici che pascolano nella zona dell’orso, si giungesse alla proibizione del pascolo nell’area dell’orso! Non si ci si dimentichi che proprio il pascolo, sia bovino, che equino, sia ovino che caprino è il maggior apporto di proteine carnee all’alimentazione di orsi, lupi, aquile reale, avvoltoi, volpi ed altri animali predatori che vivono nel’area del Parco d’Abruzzo. O si vuole mantenere lupi, orsi ed avvoltoio con carnai, al pari di un zoo all’aria aperta (come in qualche caso già si fa!)? Senza ignorare l’importanza del pascolo come maggiore fattore per il mantenimento della biodiversità del Parco, quella biodiversità – conclude Zunino – che è notoriamente di origine antropica (si pensi alle splendide radure nelle faggete, chiaro effetto di millenni di pastorizia ovina, bovina ed equina)”.