L’Aquila. Ha creato non pochi malumori la sentenza del giudice unico del Tribunale de L’Aquila, Marco Billi, che ha condannato i sette imputati della Commissione Grandi Rischi a sei anni di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici ed al risarcimento delle parti civili. Per lo l’accusa è quella di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni gravi. Un provvedimento che ha destato stupore, che alla fine si è trasformato in polemica.
Il prossimo passo sarà, ovviamente, il ricorso in appello, ma non se ne parlerà prima del prossimo anno, presumibilmente tra l’autunno e la fine del 2013.
Intanto gli avvocati della difesa spulciano le carte in cerca di un appiglio sul quale fondare il ricorso. In attesa delle motivazioni della sentenza, che saranno pubblicate entro il 22 gennaio prossimo.
IL DURO ATTACCO DEGLI SCIENZIATI USA
Dagli scienziati Usa è arrivato un duro attacco alla sentenza che ha condannato a sei anni di carcere sette esperti della Commissione Grandi rischi per il sisma dell’Aquila. L’unione degli scienziati impegnati (Ucs), influente Ong americana, ha parlato di decisione “assurda e pericolosa” e ha chiesto un intervento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Critica anche l’Associazione americana per l’avanzamento della Scienza (AAAS) per la quale anni di ricerche hanno dimostrato che “non c’è un metodo scientifico accettato per la previsione dei terremoti che possa essere usata in modo affidabile per avvertire i cittadini del disastro imminente”. Di qui il pericolo che le condanne “rallentino le ricerche e blocchino il libero scambio di idee necessario per il progresso scientifico”. Gli scienziati Usa ricordano che i geofisici americani avevano avvertito che condanne di questo genere rischiano di “scoraggiare scienziati e funzionari dal consigliare i loro governi o persino dal lavorare nel campo della sismologia o della valutazione del rischio sismico”. Indignato Tom Jordan, il responsabile del Centro terremoti per il sud della California e che aveva fatto parte di una commissione internazionale riunitasi dopo il sisma abruzzese del 2009. Per me e’ incredibile che scienziati che stavano solo tentando di fare il loro lavoro siano stati condannati per omicidio colposo. Il sistema aveva delle falle ma il verdetto seppellisce qualsiasi tentativo di migliorare le cose”.
LE DIMISSIONI DI LUCIANO MAIANI, PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE GRANDI RISCHI
“Non credo che ci siano le condizioni idonee per poter proseguire il nostro lavoro con serenità. Avevamo già fatto presente che le condizioni in cui opera la commissione non permettono di lavorare con tranquillità e in serenità. La commissione è completamente disarmata. Per questo ritengo di interrompere il mio lavoro e insieme a me hanno consegnato la lettera di dimissioni anche il presidente emerito (Giuseppe Zamberletti) e il vicepresidente (Mauro Rosi)”. Il presidente Maiani, si legge in una nota del Dipartimento della Protezione civile, ritiene “che la situazione creatasi a seguito della sentenza di ieri sui fatti dell’Aquila sia incompatibile con un sereno ed efficace svolgimento dei compiti della Commissione e con il suo ruolo di alta consulenza nei confronti degli organi dello Stato”. Il Dipartimento, inoltre, informa che il professor Mauro Dolce ha presentato le sue dimissioni da direttore dell’Ufficio III – Rischio sismico e vulcanico. All’esito dell’iter amministrativo previsto, il professore verrà assegnato ad altro incarico. Anche Roberto Vinci, direttore dell’Istituto per le tecnologie della costruzione del Cnr e componente della Commissione Grandi Rischi, ha comunicato le proprie dimissioni.
IL DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE
Con la sentenza emessa ieri a L’Aquila il rischio è che si regredisca a oltre vent’anni fa, quando la protezione civile era solo soccorso e assistenza a emergenza avvenuta. Oppure che chi è incaricato di valutare finisca per alzare l’allerta al massimo livello ogni qualvolta i modelli previsionali forniscano scenari diversificati, generando una crescita esponenziale di allarmi che provocheranno assoluta sfiducia nei confronti di chi li emette o situazioni di panico diffuso tra la popolazione. In entrambi i casi, le Istituzioni – primi fra tutti i Sindaci – che per legge hanno l’obbligo di pianificare e prendere decisioni a tutela dei propri cittadini lo dovranno fare senza il fondamentale supporto di coloro che fino a ieri, avendo le necessarie competenze ed esperienze, fornivano valutazioni e interpretazioni sui molteplici rischi che interessano il territorio italiano e che da oggi non si sentono più tutelati dal Paese per cui prestano servizio. Il Dipartimento della Protezione civile sente l’obbligo di tracciare il quadro delle conseguenze che si stanno già ripercuotendo sul Servizio Nazionale della Protezione civile a seguito della sentenze di condanna emessa ieri dal Tribunale di L’Aquila nei confronti di quattro componenti della ex Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi, dell’allora Vicecapo del Dipartimento della Protezione civile, del direttore dell’Ufficio Rischio sismico e vulcanico del Dipartimento stesso e dell’allora direttore del Centro Nazionale Terremoti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. La prima conseguenza riguarda le dimissioni formalmente presentate al Presidente del Consiglio dei Ministri da parte dei componenti della Commissione Grandi Rischi nominata il 23 dicembre 2011, oltre a quelle del Professor Mauro Dolce, direttore dell’Ufficio rischio sismico e vulcanico del Dipartimento. La seconda porta alla paralisi delle attività di previsione e prevenzione, poiché è facile immaginare l’impatto di questa vicenda su tutti coloro che sono chiamati ad assumersi delle responsabilità in questi settori considerati i pilastri di una moderna Protezione civile. In terzo luogo non si può dimenticare quanti siano i temi, drammaticamente attuali, su cui il Dipartimento della Protezione Civile rischia di perdere interlocutori essenziali: ad esempio lo sciame sismico in corso da quasi due anni nell’area del Pollino, o gli scenari di riferimento per l’aggiornamento dei piani nazionali di emergenza per i vulcani napoletani. Se apparentemente la sentenza sembra interessare solo il mondo scientifico, e’ bene ricordare, infine, che tocca invece pesantemente altre realtà e professionalità cardine del Servizio Nazionale della Protezione Civile: a partire dalle centinaia di tecnici dei Centri Funzionali e dei Centri di competenza che ogni giorno si occupano di monitorare, sorvegliare e valutare i fenomeni naturali al fine dell’allertamento delle amministrazioni e delle strutture operative; ma anche i moltissimi professionisti dei numerosi Ordini che gratuitamente e volontariamente mettono a disposizione il proprio tempo e la propria esperienza in emergenza. Ultimo esempio, in tal senso, è stato il lavoro svolto nella fase post-sisma in Emilia, dove hanno contribuito allo svolgimento di decine di migliaia di verifiche di agibilità degli edifici danneggiati. A fronte di questo quadro, ferme restando le responsabilità per le quali ognuno è chiamato a rispondere, il Dipartimento della Protezione Civile, pur garantendo di svolgere al meglio i propri compiti, auspica che le Istituzioni del Paese trovino il modo per restituire serenità ed efficienza all’intero Sistema nello svolgimento delle proprie attività”.