L’Aquila. Dagli alluvionati del Veneto ai terremotati d’Abruzzo: due storie, una sola tragedia. Tra tagli alla cultura ed emergenza rifiuti a Napoli, Annozero di Michele Santoro dedica uno spazio a L’Aquila, con un collegamento in diretta. L’inviato Sandro Ruotolo ha dato voce agli aquilani, a due giorni dalla grande manifestazione “L’Aquila chiama Italia”, in programma sabato 20 novembre.
Una città sotto la pioggia, al freddo, al buio, in cui la vita si è fermata quel drammatico 6 aprile 2009. Passeggiando in centro storico si incontra un artigiano orafo che sotto le macerie ha perso tutto, attività lavorativa e familiari. Una studentessa universitaria, che parla di una città, da cui molti studenti sono andati via. “Ci manca il centro storico” dice, mancano i servizi base, sono stati tagliati i finanziamenti per le borse di studio, niente alloggi, niente mense, niente biblioteche. E poi ancora, un cassintegrato di un’industria chimica locale, che dal 1 gennaio tornerà a pagare le tasse, in una città che conta, nei soli primi sei mesi del 2010, 4milioni di cassintegrati. E si incontra anche un dipendente del “carrozzone” Abruzzo Engineering.
Una “marea di gente” racconta Ruotolo, che non ha voluto perdere l’occasione di “gridare” la propria protesta in diretta Tv, “perchè per loro il centro storico è vita”. E poi perchè, insieme, vogliono lanciare la grande iniziativa di sabato, quando lanceranno ancora una volta un grande SoS. “Se ci sono gli strumenti, una ricostruzione è possibile” dice una delle organizzatrici della manifestazione. “Noi cittadini abbiamo idee e progetti, chiediamo trasparenza e partecipazione. Non vogliamo più sfollati a 19 mesi dal sisma. Non vogliamo essere costretti a lasciare la nostra città. Sabato chiediamo all’Italia di venire a L’Aquila, di aprire gli occhi e proponiamo una legge di iniziativa popolare. Il nostro obiettivo è raccogliere 50mila firme”. E a proposito di sfollati, Annozero dedica un servizio anche a quegli aquilani che vivono negli alberghi della regione. “Non ho un domani” dice una signora “senza casa, come faccio a pensare ad un futuro? Dicono che i soldi ci sono, ma chi ce li ha? Dove sono? Gli albergatori hanno ragione e noi siamo stufi di sentirci un peso”. Questo, dunque, è il ritratto della città terremotata, visto con gli “occhi” delle telecamere. Una città in cui la parola “rinascita” stenta ad emergere. Nel buio totale dell’incertezza.
Marina Serra