Proprio il prefetto aveva manifestato solidarietà alla donna che per 41 giorni ha protestato con lo sciopero della fame contro la condizione dei terremotati della Valle Peligna. Adesso, però, Gabrielli avrebbe voluto verificare le condizioni in cui la sfollata viveva.
Oltre alla casa resa inagibile dal terremoto, la donna risulterebbe proprietaria di garage e altri spazi in via Gramsci a Sulmona, di una casa di sei vani in via Atri, di un fabbricato a Montesilvano, in via Agostinone e di un ristorante a Sulmona, dove percepirebbe un affitto di 1.500 euro mensili.
Proprietari di immobili a Sulmona risulterebbero poi anche il marito e il figlio della donna. Il primo, infatti, avrebbe un appartamento in via Papa Giovanni XXIII, mentre il secondo possiederebbe un fabbricato di due vani in via Corfinio.
“Egli si materializzò tra noi” commenta in modo ironico la Sebastiani riferendosi al sindaco di Sulmona, finora in silenzio nonostante la protesta della donna. “Non per fare quello che dovrebbe fare, ma per screditare una persona, per screditare una protesta. Devo purtroppo deludere il caro primo cittadino che, colto dall’emozione di aver scoperto chissà quale cadavere nel mio armadio, non ha pensato di verificarlo con il minimo di attenzione richiesta dal caso, quantomeno con la sottoscritta”.
La donna sottolinea, infatti, di aver sempre versato i dovuti tributi, compresa l’Ici che la Sebastiani pagherebbe soltanto per uno degli immobili attribuiti alla sulmonese, oltre a quelli versati al Comune di Montesilvano. Proprio lì, infatti, la donna sarebbe comproprietaria di un fabbricato di 37 mq.
“Mi viene attribuita in questa lista” contesta la Sebastiani “anche la proprietà di mia madre a Sulmona e la si fa lievitare del 100% (6 vani anziché i reali 3), dove essa vive con il marito. Inutile dire qui (ma dirò altrove) che tutto il resto del malloppo che mi viene attribuito, fatta esclusione per i terreni (3 e non 7), tutti rigorosamente agricoli, non corrisponde al vero”.
La donna lamenta il fatto di non aver mai voluto porre l’accento sulla sua personale condizione dopo il sisma con le iniziative messe in atto. La protesta inscenata sarebbe, infatti, scattata soltanto dopo il crollo di Pratola Peligna lo scorso 2 gennaio e dopo la pubblicazione della “lista degli sfollati” di cui i 2.000 peligni non sono mai entrati a far parte.
“Nei numerosi incontri istituzionali ai quali ho presenziato” precisa a riguardo Rosanna Sebastiani “e dove al mio posto avrebbe dovuto sedere il sindaco Fabio Federico non ho mai parlato della mia personale condizione, nè chiesto alcunché”.
Secondo la sulmonese, l’atto del primo cittadino di Sulmona trasformerebbe, dunque, i suoi dubbi in certezze, riferendosi al fatto che, a detta della donna, Federico non avrebbe avuto la capacità politico-organizzativa per gestire questa delicata fase del comprensorio sulmonese. “Ha preferito lavorare contro” tuona, infatti, Rosanna, “smentendo pubblicamente in un’intervista che in questa città ci fossero quasi 1.000 sfollati. Non ha attivato nessun canale per permettere un recupero in tempi brevi delle unità abitative danneggiate. Si commenta da sé un primo cittadino che, anziché sfruttare la mia azione come risorsa, le remi contro con metodi che sanno di polizia politica di tempi che credevamo sorpassati. Chiederò a questo raro esempio di amministratore un’incontro pubblico dove potrà, qualora lo vorrà, misurarsi con questa “donnicciola” su temi seri, quelli legati alla condizione degli sfollati, quelli che riguardano la ricostruzione”.
Tania Di Simone