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Cinque anni da Rigopiano, la commemorazione a Chieti

Il sindaco: “La Città non farà mai mancare il suo abbraccio alla famiglia di Dino Di Michelangelo e a quanti, 5 anni, fa hanno perso i propri cari”

Chieti. Si rinnova anche a Chieti la memoria delle vittime di Rigopiano a 5 anni dalla tragedia. Stamane la città si è radunata in via d’Aragona, nei pressi del monumento in ricordo del poliziotto teatino Dino Di Michelangelo, scomparso sotto le macerie dell’Hotel insieme alla moglie Marina Serraiocco. Alla madre Loredana Lazzari e al fratello Alessandro si sono stretti il sindaco Diego Ferrara, il questore Annino Gargano, il prefetto Armando Forgione, Filippo Di Giovanni per la Provincia di Chieti e i rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri, dei Vigili del Fuoco, della Finanza, l’assessore Manuel Pantalone, i consiglieri Silvia Di Pasquale e Vincenzo Ginefra, oltre ad amici e conoscenti. Una cerimonia accompagnata dalle note eseguite al violino da Giuseppe Pezzulo, il Maestro del Miserere.

“Abbiamo voluto rinnovare il nostro abbraccio alla famiglia, una vicinanza che non verrà mai meno – assicura il sindaco Diego Ferrara – Un dolore grande e incolmabile, come la sete di giustizia che ci auguriamo venga colmata attraverso il processo che si è aperto dopo quei fatti. Sono trascorsi 5 anni, ma il tempo se restituisce l’affetto ricevuto in vita da Dino dai colleghi, dagli amici, da tutte le persone che ha incontrato e conosciuto, comunque lascia un vuoto difficile da colmare, proprio a causa della sua improvvisa scomparsa. Io conoscevo Dino, seguo la famiglia da sempre, quindi conosco anche il dolore che hanno dovuto affrontare sua madre e il fratello, ma anche tutti coloro che sono cresciuti con lui, un dolore che riemerge ad ogni ricordo e ad ogni occasione. Perché quello che è successo è un dramma per tutti, istituzioni, cittadini, anche persone estranee alle vittime, lo testimonia il fatto che ci ritroviamo intorno a questo monumento che è diventato una tappa importante della memoria collettiva che non smetteremo mai di coltivare”.