Lo studio, che ha analizzato dati nazionali sulla gestione della terapia medica per l’Ipertrofia Prostatica Benigna, ha ottenuto il riconoscimento come miglior lavoro presentato nella sessione del congresso in cui è stata discussa l’ottimizzazione dei trattamenti clinici per questa patologia.
L’IPB è una malattia progressiva che, se non adeguatamente trattata, espone il paziente al rischio di interventi per disostruzione della prostata. Le terapie, documentate come efficaci, dovrebbero durare almeno 3-4 anni per ridurre il rischio di progressione della malattia.
“Studiando un ampio gruppo di pazienti italiani (97.407) affetti da IPB – dichiara la dottoressa Romero – abbiamo rilevato che solo un terzo dei pazienti prosegue l’assunzione dei farmaci fino ad un anno, mentre la maggior parte di loro interrompe troppo precocemnte la terapia, con il conseguente peggioramento dei sintomi e l’aumento del rischio di intervento chirurgico. Questi dati sottolineano come siano necessari interventi di sensibilizzazione per la diffusione della conoscenza delle patologie urologiche e di una loro gestione efficace”.