È accaduto all’ospedale di Chieti, dove l’équipe di Luigi Schips, direttore dell’Urologia, ha spostato ancora più in alto l’asticella dell’innovazione tecnologica, facendo ricorso alla chirurgia mini invasiva in una situazione che, tradizionalmente, sarebbe stato possibile affrontare solo attraverso la chirurgia tradizionale, a cielo aperto, che, com’è noto, comporta un decorso post operatorio più lungo e doloroso e tempi di recupero più lenti.
Il paziente, un sessantenne residente in un’altra regione, alla Tac presentava un tumore al rene sinistro di quattro centimetri, caratterizzato da “crescita endofitica”, vale a dire totalmente inglobato all’interno del rene.
“L’esperienza maturata nell’utilizzo del robot ci ha permesso di compiere un ulteriore salto di qualità – puntualizza Schips – e seguire un approccio conservativo, oltre che mini invasivo, attraverso una nefrectomia parziale, che ha permesso di salvare il tessuto sano tutt’intorno. Per identificare e marcare i limiti della massa tumorale, assolutamente non visibile, ci siamo avvalsi dell’ecografia intraoperatoria con sonda robotica, mentre un’altra tecnica ugualmente all’avanguardia, la fluorescenza con verde indocianina, è stata impiegata per isolare l’arteria renale che irrorava il tumore lasciando integra la vascolarizzazione della porzione integra del rene”.
L’ospedale di Chieti, dunque, si conferma centro di riferimento per il trattamento del tumore della prostata e del rene, alla luce dei 350 interventi eseguiti finora con il robot Da Vinci e l’integrazione con tecniche quali l’ecografia intraoperatoria e la fluorescenza, che consente il ricorso alla mini-invasività anche in casi di elevata complessità.