Arresti Roma-Inter, De Gregorio: “vado avanti con la mia battaglia”

regina_coeli_1Gessopalena. E’ affranto e stupito per quello che gli è successo. Emanuele De Gregiorio, 19 anni, insieme a Stefano Carnesale, era finito in manette il 5 maggio scorso dopo la finale di Coppa Italia tra Roma e Inter.

Nel carcere romano di Regina Coeli ha trascorso nove lunghi giorni, tramutati poi in arresti domiciliari. Da una settimana per lui c’è l’obbligo di firma.

Emanuele parla di quello che è successo dallo studio del suo avvocato, Silvio Rustignoli, ripercorrendo quanto è successo quella sera.

“Non credevo che in Italia potessero accadere fatti del genere” dice “è un episodio che mi ha segnato profondamente, un trauma che credo mi porterò dietro per tutta la vita“.

Emanuele racconta che quella sera era stato insieme al suo amico Stefano a vedere la partita ed aveva acquistato i biglietti del settore distinti. Al termine dell’incontro di calcio, si era spostato ad una fermata dell’autobus per far rientro a casa e mentre si apprestava a chiedere delle informazioni agli agenti, è stato caricato ed arrestato.

“Poco prima avevamo raccolto da terra un’asta di plastica di quelle utilizzate per le bandiere. Volevamo usarla per i Mondiali, per esporre uno striscione dal nostro balcone. Forse quell’oggetto è stato interpretato dai poliziotti come una nostra volontà di aggredire qualcuno. Ma noi non siamo ultras e non abbiamo alcun tipo di frequentazione con questi ambienti, anche perchè io studio a Roma da ottobre, Stefano da febbraio”.

Sulla vicenda pesa un primo ricorso in Cassazione contro la convalida dell’arresto, mentre un secondo sull’obbligo di firma sarà depositato non appena verrà notificato il provvedimento.

Il giovane ha riferito di aver anche assistito al pestaggio da parte degli agenti di un altro ragazzo, Emanuele Pecorone, anche lui finito in manette.

De Gregorio è pronto ad andare avanti nella sua battaglia di giustizia, ringraziando tutti coloro che gli sono stati vicino con telegrammi di solidarietà e i parlamentari che sono andati a trovarlo in carcere. Piccoli gesti che lo hanno confortato nei momenti difficili, in cui ha confessato di aver anche pensato al suicidio.

“Tornero’ a Roma appena mi sarà consentito” ha concluso Emanuele “perchè non ho fatto niente e non credo che un errore, per quanto così grave, debba cambiare i miei progetti di vita”.

Non possiamo fermarci” ha aggiunto il suo avvocato “perchè si tratta di fatti che non possono accadere e che potrebbero un giorno coinvolgere anche i nostri figli”.

 

 

 

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