Francavilla. “La causa della morte la stringe tra le fauci”. Cosi’ il presidente del Centro nazionale Studi Cetacei onlus, Vincenzo Olivieri, in merito al cetaceo spiaggiato sul litorale di Francavilla al Mare trovato ieri da alcuni balneatori nell’ansa del fiume Alento.
L’animale, un adulto di Tursiope di circa tre metri, dopo le misurazioni effettuate questa mattina in loco dal veterinario della Asl di Chieti, William Di Nardo, si presenta in condizioni avanzate di decomposizione e quindi, spiegano gli esperti, “la necroscopia non è stata possibile”.
Dall’inizio dell’anno, ha quindi riferito Olivieri, “sulle coste abruzzesi sono 17 i delfini spiaggiati morti”. Numeri importanti, fa notare Olivieri, “di fronte ad animali in via di estinzione”. In particolare per il delfino trovato a Francavilla, Di Nardo e Olivieri riferiscono che in bocca alla carcassa è stata trovata una lunga rete da posta usata per la piccola pesca. Un caso non infrequente visto che, spiega il presidente del Centro nazionale Studi Cetacei onlus, “il Tursiope è una delle specie piu’ confidenti e un ‘opportunista’ per quanto riguarda la sfera alimentare. Quindi risulta facile associarlo a una rete da pesca”.
Una volta che si imbatte in una rete, non riuscendo a risalire, l’animale muore per annegamento. Più a Sud, a circa 70 chilometri rispetto al ritrovamento del delfino, sulla spiaggia di Vasto, il 12 settembre si sono arenati sette capodogli di cui tre sono morti, tutte femmine di cui una incinta di un piccolo di 4-5 mesi, e quattro sono riusciti a riprendere il largo. Sulle cause solo ipotesi, al momento. Si attendono difficili analisi per le quali si parla di mesi per i primi risultati anche se lo stesso Olivieri aveva sollevato il caso della pratica dell’air-gun usata per le prospezioni sottomarine che, per il rumore provocato, potrebbero creare uno choc nel sistema radar dei cetacei. Un’ipotesi tutta da dimostrare.
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