L’associazione, nell’esaminare la documentazione a supporto dello strumento pianificatorio, ha infatti riscontrato una “totale mancanza delle indispensabili valutazioni di carattere ambientale, quali la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), la Verifica di Assoggettabilità a Valutazione di Impatto Ambientale (VA), la Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) e la Compatibilità Idraulica (CI), tale da rendere il piano illegittimo”.
Stando a una nota di Legambiente, il piano, inoltre, risulterebbe non conforme in merito alle disposizioni relative alla procedura di variante al Piano Regolatore Generale (PRG), al Piano Territoriale Provinciale di Coordinamento (PTCP), al Piano Territoriale Attività Produttive (PTAP), al Piano Regolatore Territoriale (PRT) e incongruente rispetto agli impegni del Patto dei Sindaci.
“Un quadro deludente e sconfortante” commenta Luzio Nelli, membro della segreteria regionale di Legambiente “al quale, purtroppo, si aggiunge anche una datata ed anacronistica analisi del tessuto economico produttivo che, basata su dati del 1996 (anno di uscita dell’Abruzzo dall’Obiettivo 1), non tiene conto di 15 anni di importanti trasformazioni territoriali e rende inattendibile le previsioni in esso contenute. Sono anni che il Comune di Paglieta tenta di approvare l’importante piano di settore. A distanza di 5 anni, la nuova amministrazione comunale ripropone lo stesso documento della precedente amministrazione che, già ampiamente osservato da Legambiente, è stato bocciato dal consiglio comunale”.
Le previsioni del piano, che interessa oltre 86 ettari di terreni in larga parte dedicati all’agricoltura, non darebbero risposta alle esigenze ed alle sfide ambientali e produttive che, in una fase di deindustrializzazione e di smaterializzazione dell’economia, si basano su efficienza, alto contenuto tecnologico e basso consumo di materia; elementi questi del tutto assenti nel piano adottato.
“L’amministrazione comunale – continua Luzio Nelli – non incentivando la densificazione, la riqualificazione e il riuso dell’esistente, sacrifica una enorme quantità di suolo, grande risorsa ambientale limitata e non rinnovabile, svendendo terreni fertili in cambio di oneri di urbanizzazione e formule speculative”.
Legambiente evidenzia, infine, anche il mancato coinvolgimento della collettività nella redazione del piano, così come auspicato dalla Carta di Aalborg (Carta delle Città Europee per uno sviluppo durevole e sostenibile) sui processi di Agenda 21 Locale.
“Confidiamo, infine, nel giudizio del TAR – conclude Nelli – anche per ridare alla collettività il diritto a poter intervenire nella gestione della cosa pubblica e del bene comune, ed entrare all’interno dei processi decisionali in modo da poter rappresentare il maggior numero degli interessi e dei valori nelle scelte strategiche che interessano il territorio”.