I trasporti venivano effettuati da una delle due aziende con automezzi concessi in maniera fittizia in comodato d’uso dalla seconda società, che riceveva quindi fatture dalle quali veniva detratta l’Iva. Il falso prestatore di servizio provvedeva poi ad inviare fattura, con un leggero sovrapprezzo e senza applicazione dell’Iva, al cliente intercomunitario.
Le indagini sono state articolate in due diverse fasi. L’Ufficio delle Entrate ha prima acquisito le prove relative al legame tra le due società, per poi individuare il meccanismo fraudolento che veniva utilizzato per conseguire illeciti risparmi d’imposta e determinare la formazione di un ingente credito Iva nei confronti di una delle società. L’altra, intanto, accumulava il debito nei confronti dell’erario, non versava alcuna imposta e ritenuta e poi cessava l’attività.
Nei giorni scorsi, inoltre, la Commissione Tributaria Provinciale di Chieti ha accolto la richiesta di applicazione di misure cautelari avanzata dall’Ufficio. I giudici tributari hanno infatti avallato la tesi del Fisco, affermando che gli elementi accertati dall’Agenzia concretizzano il pericolo di inquinamento delle prove o di sottrazione del patrimonio per la riscossione poiché parte dei beni su cui si chiede la misura cautelare sono “di facile dispersione”.