In che cosa consiste questa malattia e quali sono i timori legati alla diffusione del Virus Congo in Italia dopo la conferma sulla positività di questo caso.
Un uomo di 50 anni, tornato da Kinshasa, nel Congo, ha attirato l’attenzione delle autorità sanitarie italiane dopo aver manifestato sintomi preoccupanti, tra cui febbre e anemia. Ricoverato all’ospedale San Luca di Lucca, il paziente è stato dimesso il 3 dicembre, ma la sua condizione ha sollevato interrogativi sul possibile legame con un focolaio di una malattia non identificata che ha già causato diverse vittime in Congo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha segnalato che l’epidemia ha portato alla morte di circa 80 persone.
Il professionista, che lavorava in un ristorante a Roma, ha presentato sintomi simili a quelli della malattia nota proprio come virus Congo, come febbre persistente e difficoltà respiratorie. Nonostante il suo luogo di lavoro fosse distante circa 500 chilometri dal focolaio, le autorità sanitarie hanno deciso di monitorarlo attentamente. Spartaco Sani, responsabile delle malattie infettive all’ospedale lucchese, ha confermato che, per precauzione, il paziente è stato richiamato per ulteriori accertamenti, ma al momento non ci sono segnali di contagio.
La Asl Toscana nord ovest ha chiarito che, quando il paziente è stato ricoverato, non era ancora nota l’esistenza del focolaio in Congo, che dura da oltre 40 giorni. Le autorità congolesi hanno riportato circa 382 casi, con un tasso di mortalità che si attesta intorno all’8%, principalmente dovuto alla mancanza di cure adeguate.
I sintomi osservati nella malattia che ha colpito la Repubblica Democratica del Congo includono febbre, mal di testa, mal di gola, tosse e difficoltà respiratorie, con un’ulteriore complicazione rappresentata dall’anemia. Le autorità sanitarie locali, infatti, hanno registrato casi gravi prevalentemente tra bambini malnutriti, aggravando la situazione.
Sara Moneta, responsabile del reparto di Malattie infettive dell’ospedale di Lucca, ha descritto il paziente come un uomo preoccupato, con febbre persistente e anemia, che ha scelto di tornare in Italia per ricevere cure. Dopo un trattamento antibiotico, il paziente è stato dimesso e ha espresso gratitudine per le cure ricevute. Tuttavia, in seguito all’emergere del focolaio, è stato richiamato per effettuare analisi più approfondite.
Attualmente, sono stati prelevati due campioni di siero per analizzare la presenza di anticorpi contro infezioni virali. Questi campioni sono stati inviati a Roma per ulteriori esami, ma i risultati non saranno disponibili prima di un mese. È importante sottolineare che il paziente ha trascorso del tempo con i familiari, i quali al momento non mostrano sintomi.
Nel frattempo, l’OMS ha riportato che tra il 24 ottobre e il 5 dicembre, nella zona di Panzi, sono stati registrati 406 casi di malattia non diagnosticata, con 31 decessi confermati. L’area è caratterizzata da un accesso difficile, complicato dalla stagione delle piogge, e molti casi non sono stati adeguatamente verificati a causa della scarsità di risorse sanitarie.
Le squadre di risposta rapida sono state dispiegate per identificare la causa dell’epidemia e migliorare la risposta sanitaria nella regione. Attualmente, tra le malattie sospettate ci sono la polmonite acuta, l’influenza, la COVID-19, il morbillo e la malaria, con la malnutrizione che aggrava la situazione. La malaria, in particolare, è comune nella zona e potrebbe essere un fattore determinante.
Le autorità stanno raccogliendo campioni per analisi di laboratorio e comunicando attivamente con le comunità locali per sensibilizzare riguardo ai rischi e alle misure di prevenzione. La situazione rimane critica e richiede un attento monitoraggio e una risposta coordinata per affrontare questa emergenza sanitaria.