L’Aquila. Dopo alcuni articoli apparsi sulla stampa nei giorni scorsi, il consigliere regionale del Pd, Claudio Ruffini, ha presentato un’interrogazione sul rischio che l’Abruzzo diventi una tra le regioni in cui sono state individuate sette zone per lo stoccaggio delle scorie nucleari.
Indirizzata al presidente della giunta e al vice presidente Alfredo Castiglione, l’interrogazione nascerebbe dal clima di allarme e preoccupazione degli abruzzesi a fronte delle continue notizie sul cambiamento della vocazione ambientale della Regione. Ruffini ha dunque chiesto alle istituzioni regionali di fare immediatamente chiarezza su questo nuovo pericolo.
“Mi auguro che Castiglione smentisca subito le notizie apparse sulla stampa” è il suo commento a riguardo, “rassicurando i numerosi cittadini sul pericolo nucleare nella regione verde d’Europa. Sarebbe una “mazzata” tremenda per l’immagine dell’Abruzzo, che confermerebbe che la nostra Regione è tra quelle che il governo nazionale ha designato come “laboratorio” industriale per le politiche energetiche”.
Infatti, oltre al nucleare, Ruffini ricorda che ci sarebbe anche un acceso dibattito sul rischio della petrolizzazione nella Regione Abruzzo, il cui territorio sarebbe per il 50% interessato da concessioni per ricerche ed estrazioni di idrocarburi.
Sul nucleare Ruffini giudica imprudente il ritorno all’utilizzo di una tecnologia vecchia e non sicura, con costi enormi sia per la costruzione che per lo smaltimento delle scorie radioattive. “Per non parlare” aggiunge “dello smantellamento della centrale a fine ciclo, che rappresenterebbe un danno incalcolabile per l’immagine turistica della nostra regione. Inoltre, è di dominio pubblico che lo smaltimento di scorie radioattive rappresenterebbe un serio pericolo per l’uomo e per la salute dei cittadini abruzzesi”.
Il consigliere, pertanto, ha chiesto di capire se le notizie di questi giorni siano effettivamente vere, nella speranza che le scelte fatte dal legislatore negli anni passati sulla vocazione ambientale dell’Abruzzo non vengano rimesse in discussione per lasciar spazio agli interessi economici.