Una presa di posizione pericolosa se si considera che secondo la Banca d’Italia ed il Ministero del Lavoro la cessazione del blocco dei licenziamenti rischierebbe di far saltare 577.000 posti di lavoro. Per la Regione Abruzzo il conto sarebbe davvero salato se consideriamo che questa è ai primi posti in Italia per la crescita della cassa integrazione a seguito della pandemia, con un + 1,400%, per un totale di ore erogate tra gennaio 2020 ed aprile 2021 superiore a 77 milioni. Possiamo stimare in Abruzzo che il termine del blocco dei licenziamenti possa portare ad una perdita di posti di lavoro superiore alle 12.000 unità”.
Lo afferma il segretario generale della Cgil Abruzzo Molise, Carmine Ranieri. “Un disastro sociale – commenta il sindacalista – se consideriamo che già il numero degli occupati in Abruzzo nell’ultimo trimestre 2020 rispetto quarto trimestre 2019 ha visto un calo di 9.344 unità pari a – 1,87%, dato tra i più critici delle regioni del mezzogiorno dove peggio dell’Abruzzo ci sono sono solo Molise e Sardegna. In Molise, infatti, il dato occupazionale è ancora più preoccupante: nel 2020 sono andati in fumo 3.280 posti di lavoro rispetto al 2019, con una flessione del 3,01% e dove ancora più consistente è stato il calo registrato nel quarto trimestre 2020: 9.320 occupati in meno, pari al -8,38%. Dati drammatici, in una regione in cui il processo di desertificazione industriale è in atto da ben prima dello scoppio della pandemia e dove i dati sulla cassa integrazione nei primi 3 mesi del 2021 fanno registrare oltre 2,3 milioni di ore autorizzate. Il rischio è che a tale emergenza occupazionale si sommi una ulteriore perdita di 3.000 posti di lavoro in Molise”. “Quello che viene a delinearsi – osserva Ranieri – è uno scenario davvero preoccupante, considerato anche che la perdita di occupazione di certo non aiuterà il rilancio dei consumi e della domanda interna di cui la nostra economia ha tanto bisogno.
Certo il blocco dei licenziamenti non può essere eterno (CGIL, CISL, UIL, lo hanno chiesto fino al 31 ottobre) ma si rende necessario finché l’emergenza covid non terminerà e a quel punto cesserà tanto il blocco dei licenziamenti quanto i sostegni straordinari alle imprese. Invece si vogliono usare due pesi e due misure ed a rimetterci saranno solo i lavoratori”. In un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo, il paese deve ritrovarsi unito e trovare così la forza di reagire al disastro economico e sociale generato dal covid. Questo è stato lo spirito che ha animato le forze sociali dall’inizio della pandemia, con l’idea e lo sforzo comune di cercare di dare aiuto a chi ne aveva bisogno.
In tale ottica si è dato ristoro a lavoratori e imprese, con la consapevolezza che solo così si poteva vincere la crisi e tenere unito il paese. Le aziende hanno abbandonato la formula liberista per cui è il mercato a dettare le regole del gioco ed hanno abbracciato l’idea di uno Stato al fianco delle imprese nei momenti di difficoltà. Lo Stato italiano, supportato dall’Unione Europea, è intervenuto con varie misure economiche che hanno messo in campo decine di miliardi per contrastare la crisi, di questa ingente mole di risorse le imprese ne hanno ricevute ben il 74%”, conclude il segretario, il quale ricorda che nella regione Abruzzo “le leggi Cura Abruzzo 1 e 2 hanno destinato alle imprese abruzzesi 96 milioni di euro, 25 dei quali al momento sono stati erogati, mentre in Molise sono stati stanziati 35 milioni di euro per sostegni alle imprese”.