All’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo si trova questo piccolo gioiello del mondo rurale e contadino, dove il tempo si è fermato e l’ospitalità è di casa.
Nel tempo dell’intelligenza artificiale, della realtà spalmata a dosi regolare nel metaverso, non è oramai una novità che si cerchi fondamentalmente se stessi gettando lo sguardo “interiore” all’indietro. Sì, si consegnano consistenti parti della quotidianità alla gestione della tecnologia, magari con l’intento di liberare spazio e tempo, proprio per ospitare quei necessari momenti (ancora) di emotività. E per maturarli occorre seminare curiosità e sensibilità là dove il genius loci è in grado di parlare all’anima.
Vi sono luoghi, infatti, che sembrano non appartenere al tempo della storia, ma al tempo della coscienza; non suggeriscono un miglior modo di vivere, questo no. Questi spazi parlano sottovoce all’orecchio delle emozioni, e in taluni casi, dei ricordi. Anche in mancanza di questi ultimi, essi richiamano la primordiale integrazione dell’essere umano con la natura, dove l’habitat e il territorio condividono la medesima lingua di convivenza e di rispetto degli equilibri.
La commistione tra popolazione e morfologia del territorio non presentava traumi (necessario parlare al passato) né per l’una né per l’altra, in quanto l’impatto della prima era commisurato attraverso quelle attività per il sostentamento legate essenzialmente ad agricoltura e pastorizia. Ed anche le case venivano costruite in pietra locale, offerta appunto dall’ambiente e dal territorio. Si tratta di elementi socio-geografici ben compresi da una Regione come l’Abruzzo, terra dell’antichissima pratica della transumanza e, ovviamente, di tradizione agricola.
Oggigiorno, quelle terre continuano ad essere lo scenario degli ultimi “praticanti” di quelle attività in via di sparizione, ma la rappresentazione avviene sotto la protezione ambientale di vaste “denominazioni”, come il Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Tra le bellezze che affiorano dal panorama appenninico, di particolare rilievo è l’antico borgo di Santo Stefano di Sessanio. Nell’epoca della riscoperta dei borghi, questo paese non può mancare di un passaggio obbligato.
Di origine medievale, Santo Stefano di Sessanio è incastonato a 1250 metri di altitudine nell’area del Gran Sasso. Ben conservato, grazie anche alla sua fortificazione che lo ha preservato nei secoli, ha vissuto il suo periodo più florido nientemeno che sotto i De’ Medici della Signoria di Firenze, proseguito fino all’Unità d’Italia.
Dopodiché è iniziata una strisciante decadenza. Il recupero del borgo è iniziato con l’opera di restauro e ristrutturazione avviata e completata dall’imprenditore italo-svedese Daniele Kihlgren, rapito dal suo fascino durante un viaggio.
Nasce così il progetto dell'”albergo diffuso Sextantio“, nel quale le vecchie abitazioni sono state recuperate nel rispetto dell’integrità architettonica e culturale del luogo. Dall’alloggio d’antan si può dunque partire alla scoperta della Porta e della Torre Medicea risalenti al Trecento, alla coeva Chiesa Madre di Santo Stefano Martire, il rinascimentale Palazzo del Capitano, la Chiesa della Madonna del lago, posta, per l’appunto, in riva al laghetto di Santo Stefano. Senza dimenticare, nelle vicinanze, il castello di Rocca Calascio e le Grotte di Stiffe.
Distante circa 60 km da L’Aquila, 70 km da Teramo e 146 km da Roma, il borgo è raggiungibile essenzialmente in automobile: da nord, autostrada A14 in direzione Ancona fino all’uscita a Teramo/Giulianova/Mosciano Sant’Angelo e poi A24, uscita L’Aquila Est e SS17; da sud, A14 direzione Pescara, A25 fino all’uscita Bussi/Popoli e poi SS5, SS153 direzione Navelli, SS17. In aereo, l’aeroporto più vicino è quello di Pescara. In pullman, i collegamenti sono garantiti dalla compagnia regionale TUA.
Dove mangiare? Tra le molteplici opzioni locali, si segnalano: La Locanda del Palazzo; L’Elisir del Poeta; La Locanda sotto gli Archi; il Cantinone. Economici, belli da vedere, ottimo cibo.