Un ricorso straordinario al Capo dello Stato: questa la strada che WWF e Salviamo l’Orso hanno imboccato per contrastare il contestatissimo e inutile metanodotto che la SNAM sta cercando di realizzare lungo la catena degli Appennini, incurante dell’opposizione dei cittadini e delle istituzioni locali.
Il ricorso, presentato a inizio agosto, riguarda in particolare il decreto del Ministro della Transizione Ecologica n.0000086 dell’11.03.2021 avente ad oggetto “Rilascio l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) per l’esercizio della centrale di compressione gas della società Snam Rete Gas S.p.a. sita nel Comune di Sulmona (Aq) – (ID 7015/9997)”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 08.04.2021 e dei vari atti connessi a tale provvedimento di cui le due associazioni chiedono l’annullamento.
Nel ricorso, elaborato per conto delle associazioni dall’avv. Francesco Paolo Febbo con la preziosa collaborazione del prof. Stefano Civitarese Matteucci, docente ordinario di Diritto Pubblico dell’Università di Chieti-Pescara, si sviluppano in sei articolate motivazioni le ragioni per le quali si ritiene necessario annullare un provvedimento AIA che è stato emesso a conclusione di un iter procedimentale viziato, sostengono WWF e Salviamo l’Orso, da “numerose illegittimità”. Un iter peraltro iniziato oltre quindici anni or sono (il progetto “Metanodotto Sulmona-Foligno e centrale di compressione di Sulmona” venne presentato dalla SNAM il 31.01.2005) quando le condizioni del territorio e del Paese erano enormemente diverse. Non c’erano stati, a esempio, né il terremoto dell’Aquila del 2009 né quello del Centro Italia del 2016.
Nel frattempo, inoltre, il ritmo al quale i cambiamenti climatici stanno alterando la biosfera ci ha portato a un passo dal punto di non ritorno e tutti i programmi (Next Generation UE, PNRR) prevedono un radicale abbattimento dell’uso del metano, i cui effetti negativi sull’atmosfera sono oggi incontestati. Erano infine enormemente diversi i consumi e le prospettive economiche a medio e lungo termine. Un progetto, in altri termini, che poteva forse avere un senso 16 anni fa ma che di certo attualmente non lo ha più.
Al di là di queste considerazioni, che potremmo definire “politiche”, l’avv. Febbo, nelle 21 pagine del ricorso, ha individuato una serie di vizi nella procedura di approvazione che ne rendono necessario l’annullamento.
“Siamo fiduciosi – dice ora il legale – nell’accoglimento delle nostre motivazioni o quantomeno nella riapertura della discussione di fronte al TAR. Le nostre ragioni, e quelle della popolazione da sempre ostile all’opera, dovranno essere ascoltate prima che il danno diventi irreparabile”.