L’accesso agli atti del Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua fa emergere un documento della Asl che conferma la misura di messa a scarico dell’acqua captata all’interno dei laboratori del Gran Sasso.
“Da mesi 80-100 litri al secondo di preziosa acqua potabile del Gran Sasso captata presso i Laboratori di Fisica vanno a scarico e non nelle case dei teramani per il persistere delle condizioni di insicurezza – sottolineano gli ambientalisti – Stiamo parlando di una quantità di acqua che può soddisfare i diritti giornalieri di decine di migliaia di persone. Tra l’altro ci sono ovviamente anche costi connessi a questo spreco visto che quell’acqua ha anche un valore economico. Alla fine prendiamo atto che l’auspicio espresso dal Direttore del Laboratori del Gran Sasso al programma Le Iene (che sarebbe stato più tranquillo senza la captazione, ndr) si è materializzato”.
Ma non è tutto: “La nota della ASL fa emergere un altro problema che va chiarito immediatamente. Infatti l’ente parla di acque a scarico dal 12 dicembre 2017 ma poi ricorda che aveva chiesto di non utilizzare quell’acqua fin da aprile 2017 con ben due note (del 12 aprile e del 24 aprile) guarda caso successive all’esposto della Stazione Ornitologica Abruzzese sul caso della perdita del diclorometano dell’agosto 2016 presso i Laboratori. Il dato letterale farebbe ritenere che prima del 12 dicembre queste acque venissero comunque utilizzate. Se fosse vero sarebbe un fatto di gravità inaudita. Invitiamo la Ruzzo a chiarire immediatamente sui periodi di utilizzo di quella captazione dal 12 aprile 2017 ad oggi”.
“In ogni caso – proseguono gli ambientalisti – quello della ASL è un atto dovuto, a causa della pervicace volontà da parte della Regione Abruzzo di difendere l’indifendibile e, cioè, di non provvedere immediatamente a disporre l’allontanamento delle 2.300 tonnellate di sostanze pericolose stoccate irregolarmente nel Gran Sasso per due esperimenti, LVD (1.000 tonnellate di acqua ragia) e Borexino (1.292 tonnellate di Trimetilbenzene). Come sappiamo non è rispettato il divieto esplicito e non derogabile dei 200 metri tra punto di captazione e sito di stoccaggio fissato dall’Art.94 del Testo Unico dell’Ambiente”.
E ancora: “Che facciamo fino ad allora, mettiamo a scarico tutto? Cosa daremo da bere ad aquilani e teramani? Oppure si pensa di non approvare, strumentalmente, le aree di salvaguardia attese da 11 anni, così da far permanere il generico limite dei 200 metri, pur sapendo che non è sufficiente per la tutela dell’acquifero? La legge impone l’allontanamento immediato di queste sostanze senza se e senza ma, soprattutto tenendo conto che le norme esistevano dal 1988 e che quindi sono state stoccate nel Gran Sasso in maniera irregolare. Il tutto senza piani di sicurezza a norma per quanto riguarda la direttiva Seveso in materia di incidenti rilevanti, ad aggravare l’elenco di omissioni ed inadempienze che si riflettono sulla disponibilità dell’elemento più prezioso per la vita, l’acqua. Allontanare immediatamente le 2.300 tonnellate di sostanze pericolose è il primo e più importante passo per la messa in sicurezza dell’acquifero che disseta 700.000 persone”.
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