“Il raggiungimento degli obiettivi della missione commissariale dipende imprescindibilmente dalla collaborazione costruttiva e dall’unità di intenti di tutti gli enti e società coinvolti, a tutela e salvaguardia del territorio abruzzese e della sua popolazione”.
La precisazione arriva dal Commissario straordinario per la messa in sicurezza del Sistema idrico del Gran Sasso, Corrado Gisonni, che auspica che si stabiliscano immediatamente condizioni di serenità operativa in cui ognuno, nell’esercizio delle proprieresponsabilità istituzionali, possa contribuire al superamento delle criticità che inevitabilmente, accompagneranno gli interventi per la messa in sicurezza del sistema idrico del Gran Sasso.
In tale ottica, il Commissario fa sapere che si adopererà per essere incluso, come componente e parte attiva nel Protocollo d’intesa per la sicurezza del sistema idrico del Gran Sasso, vigente dal 7 settembre 2017, alle cui riunioni, fino ad oggi, ha sempre partecipato come ospite, essendovi cortesemente invitato dal Vice Presidente Emanuele Imprudente. “L’emergenza del sistema idrico del Gran Sasso – ha aggiunto – non merita che le energie di tutti gli attori coinvolti vadano disperse in sterili polemiche, il cui unico risultato sarà quello di lasciare irrisolte le gravi problematiche che si trascinano da quasi due decenni. Per questo non intendo replicare alle sorprendenti dichiarazioni rilasciate da rappresentanti di autorevoli istituzioni ed associazioni, la cui infondatezza sarebbe facilmente dimostrabile con documenti e atti ufficiali. La struttura commissariale ha sempre dimostrato con i fatti ampia disponibilità alla comunicazione al fine di garantire un trasparente flusso di informazioni, in particolare verso i rappresentanti dei movimenti civici che ho personalmente incontrato in numerose occasioni”.
L’ATTACCO DEGLI AMBIENTALISTI La risposta di Gisonni è arrivata in seguito ad un comunicato di Mobilitazione Acqua del Gran Sasso.
“La ASL prima e l’Ente Parco dopo avevano ragione a lanciare l’allarme per il rischio di contaminazione dell’acqua del Gran Sasso che poteva derivare dal lavaggio con metodi tradizionali delle calotte dei 20 km di tunnel autostradali incrostate di polveri di materiali incombusti del traffico autostradale depositatesi in anni e anni. A dare ragione ai due enti e a smentire clamorosamente le dichiarazioni e le teorie del Commissario straordinario Gisonni non sono dei passanti ma il team di 5 consulenti nominati da Strada dei Parchi per la redazione della tanto bistrattata Valutazione di Incidenza Ambientale, obbligatoria per legge ma trattata come un orpello da troppi. Il documento, la cui mancanza era stata fatta rilevare dall’ente parco il 7 settembre, è stato depositato il 29 settembre e ora sarà sottoposto alla Valutazione del Comitato VIA regionale. Si tratta di un team formato da ben 6 tecnici nazionali (dott. Vittorio Amadio; dott. Walter Bellomo; avv. Sandro Campilongo; ing. Arturo Montanelli; arch. Francesca Soro; arch. Maria Fernanda Stagno d’Alcontres) che hanno fatto parte della Commissione Valutazione di Impatto Ambientale nazionale del Ministero dell’Ambiente rimasta in carica per 11 anni fino a pochi mesi fa e che si è occupata di megaprogetti. Commissione che di solito abbiamo criticato perché a nostro avviso non brillava per la dovuta attenzione proprio alla tutela dell’ambiente. Ebbene, i consulenti di Strada dei Parchi scrivono testualmente ‘Bisogna premettere che le attività di pulizia del rivestimento tramite lavaggio, come previsto dalla Circolare MIT sopra descritta, sono state oggetto di una preventiva e dettagliata analisi da parte dei Sottoscritti Professionisti incaricati dal Proponente come Consulenti Ambientali che hanno manifestato parecchie perplessità in merito a diversi profili di criticità legati alla concreta operatività di tale metodologia in un ambiente particolarmente delicato e sensibile da un punto di vista naturalistico’. I dubbi manifestati erano principalmente legati alle importanti incidenze negative che potevano essere indotte dai lavori principalmente alle componenti ambientali Biodiversità, Acqua. I sottoscritti Consulenti Ambientali sconsigliavano, quindi, vivamente l’utilizzo di tale metodologia, invitando il Proponente a formulare una soluzione alternativa che fosse più rispettosa della particolare importanza delle aree Naturali Protette’”.
“Altri passaggi confermano lo stato di grave rischio di inquinamento della falda per la presenza di centri di pericolo.
Noi che leggiamo da anni decine di progetti e documenti di questo genere rileviamo che è del tutto inusuale trovare dichiarazioni così tranchant da parte dei consulenti di parte. Questo fa capire il livello del rischio corso in caso di lavori con il metodo tradizionale di lavaggio delle gallerie con acqua in pressione.
Il Commissario Gisonni ha immediatamente e incredibilmente scatenato una querelle del tutto infondata mettendo paradossalmente sotto accusa un ente nazionale che chiedeva il rispetto delle norme internazionali e le procedure di garanzia ambientale, sminuendo i rischi per l’acquifero, sostenendo che non si potevano ottenere dati sperimentali sull’efficacia di nuovi metodi prima di applicarli al Gran Sasso e che addirittura ll’acqua del massiccio si “autotutela”, smentendo anni di studi e riscontri che credevamo acquisiti e che paradossalmente sono alla base della sua nomina a Commissario.
Basti pensare che, oltre a quanto sostenuto anche dai tecnici di Strada dei Parchi, nel 2003 il geologo Marrone usando i traccianti, dimostrò in maniera inequivocabile che uno sversamento nei laboratori interessava non solo l’acquedotto di Teramo ma anche, , penetrando l’acquifero, quello di L’Aquila e addirittura le sorgenti in quota del versante teramano.
Tra l’altro non ci voleva la lettera dell’ente parco per verificare la necessità della Valutazione di Incidenza: bastava chiedere a qualsiasi professionista del settore visto che la procedura si fa dal 1997 per interventi molto meno rilevanti!
Per questo Strada dei Parchi ha virato su una tecnica nuova, quella del lavaggio a secco con aspirazione delle polveri prodotte, depositando appunto il 29 settembre, venti giorni dopo la richiesta del parco, uno studio di incidenza per un progetto avente queste nuove caratteristiche certamente più cautelative, con l’aggiunta anche di un telo di contenimento sulle caditoie per evitare qualsiasi sversamento nell’acqua.
Vi è di più! I tecnici di Strada dei Parchi, con prove sperimentali condotte su altre gallerie il 19 e il 21 settembre, hanno pure calcolato la quantità di polvere che sarà messa in circolo dall’intervento di pulitura, ben 44 tonnellate (tonnellate) di polveri pericolose ( si può leggere nella relazione “facendo la media dei pesi dei campioni di polvere prelevati all’interno della galleria S. Domenico è stata stimata una produzione di 200 grammi di polveri a metro quadro, che, per la galleria Gran Sasso, comporterebbe una produzione di 44 tonnellate di rifiuti complessivi.”
Facciamo notare che 44 tonnellate di polveri equivale alla produzione di tali sostanze da un impianto industriale di medie dimensioni in un anno!
Tali polveri saranno smaltite addirittura come rifiuti pericolosi. Si legge infatti nel documento “per lo smaltimento dei rifiuti prodotti che sono classificabili, ai sensi del D. Lgs 152/2006, con il codice CER 16 0305* “rifiuti organici contenenti sostanze pericolose” oppure con il codice CER 16 03 06 “Rifiuti organici, diversi da quelli di cui alla voce 16 03 05”. In quest’ultimo caso, i rifiuti verranno caratterizzati sia per la destinazione impianto per inerti sia per la destinazione impianto per lo smaltimento.“
Una vera e propria lezione per chi ha strumentalmente cercato di buttare la palla in tribuna invece di discutere sui rischi concreti che correva l’acquifero”.