Ci sono anche sei imprese abruzzesi del settore degli impianti e del legno-serramenti tra le 64, anch’esse associate alla CNA, che hanno impugnato innanzi all’Antitrust e alla Commissione Europea l’articolo 10 della legge 58 del 2019, meglio conosciuta come “Decreto Crescita”.
Alla base della clamorosa iniziativa, la decisione da parte del Governo di imporre, con il voto di fiducia, una modifica al testo che suona come un favore ai colossi del settore, a tutto danno delle micro imprese, spesso oggetto di dichiarazioni di attenzione da parte della politica che poi non si traducono in scelte a loro favorevoli.
Motivo del contendere, con la scelta di CNA Installazione e impianti e CNA Produzione Abruzzo, settore Serramenti e Legno presiedute da Cesare Altieri e Mario Di Giacomo, la scelta di prevedere – a proposito di misure come “Ecobonus” e “Sismabonus” – uno sconto direttamente in fattura per chi esegue i lavori. Un provvedimento che se da una parte viene incontro alle esigenze dei cittadini, dall’altra penalizza le micro imprese, a tutto vantaggio della grande distribuzione, delle grandi catene che possono vantare rilevanti crediti di imposta da compensare, ovvero le cosiddette multiutilities e gli ex monopolisti dell’energia che hanno le capacità economiche ed organizzative per cogliere quanto previsto nel decreto.
“E’ un tentativo di favorire la concentrazione del mercato della riqualificazione energetica nelle mani di pochi operatori, con conseguente alterazione della concorrenza» sintetizza Guido Pesaro, responsabile nazionale di CNA Installazione e impianti. Ma cosa prevede in dettaglio l’articolo 10? A spiegarlo è lo stesso Pesaro: “Il contribuente che ha diritto alle detrazioni fiscali per gli interventi di risparmio energetico ha la possibilità di optare, al posto delle detrazioni, per uno sconto di pari importo; uno sconto che gli sarà concesso dall’impresa che ha effettuato l’intervento di efficientamento energetico”. Insomma, uno sconto immediato, al posto della detrazione fiscale decennale, a fronte dell’intervento.
Solo che a concederlo al proprietario, sarebbe adesso direttamente l’impresa: così, argomenta ancora Pesaro, “la scelta del contribuente, più o meno obbligata, sconto immediato anziché detrazione decennale, ha l’effetto di scaricare interamente sull’impresa l’intero onere finanziario derivante dal costo dell’intervento. L’impresa, in genere di piccole dimensioni e spesso in sofferenza dal punto di vista creditizio, è in pratica costretta a fare da banca al cliente”.
Ma visto che le micro imprese dispongono di margini di manovra estremamente risicati quanto a crediti d’imposta, e che dunque esaurirebbero in pochi interventi il loro margine di manovra, ad essere premiate sarebbero dunque le “corazzate” del settore, in grado all’opposto di mettere in campo crediti d’imposta enormi. Ed oltretutto in possesso di una grande capacità di penetrazione sul mercato grazie alle loro banche dati sulle utenze. Risultato finale? Farla da padroni in un settore – sono dati dell’Enea –che nel 2018 ha fruttato qualcosa come 3,3 miliardi di investimenti, con oltre 330mila pratiche finanziate: un mercato che verrebbe precluso alle micro imprese, a tutto vantaggio dei giganti del settore.