Così l’avvocato Emilio Bafile, difensore dell’architetto Giancarlo Di Vincenzo, al termine del lungo interrogatorio terminato nel tardo pomeriggio, previsto nell’ambito della mega inchiesta della Procura della Repubblica dell’Aquila su una serie di appalti della Regione Abruzzo. Di Vincenzo è indagato nel filone legato alla gara per la ricostruzione post-terremoto di Palazzo Centi, sede della Giunta regionale nel centro storico dell’Aquila, seriamente danneggiata dal sisma del 2009. E’ accusato di induzione indebita, insieme al padre, Berardino, alto funzionario del ministero dei Beni culturali in Abruzzo, ora in pensione, consulente senza compenso del presidente della Giunta regionale, Luciano D’Alfonso.
Secondo l’accusa, l’ex dirigente dello Stato avrebbe indotto l’impresa Dipe, i cui due titolari Mauro Pellegrini e Giancarlo Di Persio sono tra gli indagati con la stessa ipotesi di reato, ad affidare un incarico al figlio in cambio di un interessamento per la gara di circa 13 milioni di euro, poi vinta dalla Edilcostruzioni di Isernia.
“La Procura ha formulato delle contestazioni – ha continuato il legale che difende anche Berardino Di Vincenzo – ma la linea dei miei assistiti è veramente chiara e ci siamo sottoposti a questo interrogatorio, laborioso, complesso, proprio per chiarire ogni questione, perché la posizione non è critica per i miei assistiti, tutt’altro. C’è stata una inchiesta sugli appalti pubblici, in questa fattispecie si verifica un caso particolare in cui un architetto libero professionista partecipa a un appalto pubblico – ha spiegato ancora il legale – con una ditta, mentre il papà ricopre l’incarico di funzionario in un ufficio pubblico, ma che nulla ha a che fare con la gara espletata, tanto è vero che poi la gara non è stata aggiudicata ai professionisti e alla società interessata, ma aggiudicata ad altri”.
Secondo il legale, “questo rende il quadro un po’ più critico sotto il profilo dell’attenzione della Procura, “ma certamente non ci sono cose particolari. I chiarimenti li abbiamo dati. Le varie circostanze oggetto delle intercettazioni anche ambientali andavano chiarite anche per spiegare i ruoli che si avevano”.
“Il padre non poteva influire con il suo ufficio che era distante, nei lavori di palazzo Centi, di proprietà della Regione. L’unica cosa che si può dire è che questo rapporto tra i due Di Vincenzo ha creato una situazione da parte della Procura che ha approfondito e noi abbiamo chiarito fino ad oggi”.
L’inchiesta è coordinata dal procuratore Michele Renzo e dal sostituto Antonietta Picardi e portata avanti dai carabinieri del Noe e dalla squadra Mobile della questura di Pescara.