Abruzzo fanalino di coda nella spesa per la difesa del territorio. E’ quanto emerge da uno studio di Cna Costruzioni, l’associazione delle piccole imprese edili della confederazione artigiana, che ha analizzato i dati elaborati dal Cresme, il Centro di ricerche economiche, sociologiche e di mercato e il Consiglio nazionale dei geologi.
Nel periodo 1999-2008 l’Abruzzo ha destinato alla difesa del suolo appena 29mila 288 euro per chilometro quadrato, ben al di sotto della media nazionale. Per meglio comprendere la performance negativa abruzzese, basta osservare come la regione che la precede, la Puglia, abbia investito (sempre per chilometro quadrato) 31mila 597 euro; il tutto, a distanze siderali dalle regioni leader come Campania (109mila), Liguria (106mila), Veneto (98mila) e Friuli (90mila).
Le cose vanno appena meglio se si prendono in considerazione gli investimenti pro-capite; in questo caso l’Abruzzo risale, seppure di poco, fino alla quartultima posizione, con 235 euro per abitante.
Secondo il responsabile regionale di Cna Costruzioni, Federico Scardecchia, le cifre rivelano una forte miopia dei pubblici poteri. “Gli investimenti per l’ambiente sono sostenuti dalla Regione e dagli enti locali, ovvero Comuni, Province e Comunità Montane, e in Abruzzo la verità è che sono del tutto inadeguati. In periodi di ristrettezza economica si tende a risparmiare, non sempre dove è più opportuno; siamo perciò sicuri che si possano lesinare investimenti sulla salvaguardia del territorio? Eppure la recente vicenda dell’inondazione che ha colpito il Teramano, o i tantissimi fenomeni di dissesto idro-geologico che costellano periodicamente il territorio regionale, dovrebbero insegnare che i costi sociali e i rischi per la sicurezza della popolazione civile diventano poi insostenibili. Dunque, meglio investire in prevenzione”.